Carlo Tavecchio è diventato presidente della FIGC grazie ad un sistema elettorale che garantisce la maggioranza assoluta a chi controlla i delegati di due leghe assurde e inutili come la Dilettanti appunto di Tavecchio e la LegaPro di Macalli, prima di vergare editoriali sulla vittoria della democrazia bisognerebbe pensarci. Questo non toglie che che dall'assemblea della FIGC siano usciti pochi vincitori (il regista occulto Galliani e quello manifesto Lotito su tutti) e molti sconfitti. Fra questi il meno sconfitto è Demetrio Albertini, onesto nel riconoscere i meriti di Tavecchio ai Dilettanti e nel rimanere candidato nonostante la sconfitta ormai certa: l'età gioca a suo favore, anche se fra due anni gireranno nomi ben più pericolosi di quello di Tavecchio (a partire da Abodi). Non si sa fino a che punto sia un bene per il suo futuro l'endorsement da parte di Agnelli e del suo esercito mediatico (Sky in testa), cioè i veri sconfitti della vicenda insieme al presidente del CONI Malagò. Che sognava il commissariamento, ben sapendo che non c'erano appigli legali per imporlo (i tanti giuristi ruotanti intorno al CONI avrebbero dovuto metterlo in guardia), e addirittura si era spinto fino a prevedere una 'sorpresa' (cioè un terzo candidato che avrebbe messo d'accordo tutti i poteri forti, sono stati fatti praticamente tutti i nomi degli ex nazionali) ed in ogni caso si è esposto contro Tavecchio come se lui stesso fosse in corsa per la presidenza della FIGC dopo le dimissioni del suo antipatizzante Abete. Banale e retorico, ma anche vero, concludere dicendo che ha perso il calcio italiano, i cui problemi non sono il gol di Godin preso a dieci minuti dalla fine. Non dimentichiamo che senza quella prematura eliminazione Tavecchio sarebbe rimasto al suo posto, così come Prandelli.
Twitter @StefanoOlivari