Ogni notizia sul disastro finanziario ed etico-sportivo della fu Montepaschi Siena, intesa come squadra di pallacanestro, mette tristezza per tutto il tempo perso nell'ultimo decennio a guardare le sue partite esaltando poi il 'modello' Mens Sana come la stella polare da seguire per tutti: l'ultima di queste notizie è l'iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Siena, nel quadro dell'Operazione Timeout, di Simone Pianigiani (sei scudetti in sei anni da capoallenatore, dal 2006 al 2012, adesso c.t. della Nazionale), con flebile difesa da parte della FIP di Petrucci attraverso un imbarazzato comunicato. L'accusa è quella di evasione fiscale (e dintorni). Ma quello che ci preme far notare è che otto mesi fa i club di serie A quasi all'unanimità (14 voti su 16, uniche dissidenti Roma e Bologna) avevano voluto come presidente di Lega l'artefice del cosiddetto 'miracolo' Siena, cioè Ferdinando Minucci, pur conoscendo i suoi metodi (se non altro per averli subiti). Metodi non dissimili, evidentemente, da quelli di parte dei suoi elettori. Non la decenza, ma solo il fatto che lo scorso maggio Minucci sia stato arrestato (prima ai domiciliari, adesso ha soltanto l'obbligo di dimora a Siena in attesa del processo), ha impedito che la Lega Basket finisse in questo modo. Si sperava a questo punto in una scelta di alto profilo, il mitico manager esterno che avrebbe dovuto diventare il David Stern italiano: candidati Stefano Domenicali (adesso all'Audi), Maurizio Gherardini (adesso al Fenerbahce) e altre figure slegate dalla parrocchietta italiana, per arrivare poi al presidente di Brindisi Fernando Marino. Una chiara scelta nella logica del 'rimanere fra di noi', senza una chiara visione di cosa debba essere la serie A. Dove c'è una corazzata come Milano, una bella realtà come Sassari e una squadra ambiziosa come Reggio Emilia, in mezzo al nulla magmatico ed incerto di americani con più tatuaggi che curriculum. La Supercoppa, organizzata a Sassari, è stata snobbata dagli stessi tifosi della Dinamo e si è giocata in una ghiacciaia. Il campionato continua a non tenere conto delle esigenze di media e tifosi (le partite alle 20 e 30 significano questo) oltre che di un 'piccolo' concorrente chiamato calcio. Le immagini televisive, finita l'era Sky, sono tornate quelle della Bulgaria degli anni Settanta. Va detto che la Lega basket nella sua storia ha spesso avuto presidenti di società senza una visione di fondo (ci è sfuggita anche quella di Marino) o politici in cerca di una passerella (anche se De Michelis fece avere tanti soldi televisivi quanti non se ne sarebbero più visti). Fra i pochi con idee ricordiamo Gianni Corsolini, Giulio Malgara e Angelo Rovati, non a caso durati poco. A ripensarci bene, è un peccato che non sia stata confermata la scelta di Minucci: per molti versi sarebbe stata la più trasparente, nella logica di non avere alcuna prospettiva comune.
Twitter @StefanoOlivari