Alla vigilia della finale del Mondiale per club, scopriamo gli argentini del San Lorenzo, sfidanti del Real Madrid.
PRETI E PAPI. Il club dell’Almagro, barrio popolare di Buenos Aires, è stato sin dalla sua fondazione costantemente tra i protagonisti del calcio argentino. Tre titoli negli anni Venti, un paio negli anni Trenta, uno negli anni Quaranta, uno negli anni Cinquanta, uno negli anni Sessanta e tre negli anni Settanta: non c’era decennio che scivolasse via senza vittorie, e così un po’ tutte le generazioni di tifosi hanno potuto gioire dei successi della squadra intitolata a padre Lorenzo Massa, prete salesiano che ospitava presso il suo oratorio i ragazzi del quartiere: attorno alla sua parrocchia, mossero i primi calci i ragazzi che nel 1908 fondarono la squadra. Dopo il titolo del 1974, i “Gauchos de Boedo” incapparono in un ventennio di magra e per ottenere un altro scudetto si dovette attendere il Clausura del 1995. Ma è nei primi anni Duemila che i Cuervos passarono a una dimensione internazionale, quando vinsero la Copa Mercosur (2001) e la prima edizione della Copa Sudamericana (2002). Il suggello resta però il trionfo dello scorso agosto in Copa Libertadores, massimo trofeo sudamericano, vinto in finale contro i paraguaiani del Nacional. Il punto più alto della storia del Ciclon. Una vittoria giunta appena un anno dopo l’ascesa al soglio pontificio di papa Francesco, grande tifoso dei rossoblù, che, proprio per le simpatie di Bergoglio nei loro confronti, hanno avuto negli ultimi tempi una fama mai avuta in passato. E puntualmente, sulla vittoria in Libertadores non è mancato il commento dal Vaticano: “Sono molto felice, ma, no, non si tratta di un miracolo”. Tra l’altro, pare che il nuovo stadio del San Lorenzo, sarà intitolato proprio a papa Francesco, a ulteriore dimostrazione del legame tra calcio e religione e che coinvolge il club sin dalla nascita.
IL PERCORSO. Non è stato un miracolo, ok. Certo è che il cammino nella Libertadores vinta dal San Lorenzo è stato esaltante, e diverse sono state le partite da consegnare agli annali, come quella vinta ai calci di rigore contro i brasiliani del Gremio, agli ottavi di finale o il tiratissimo 2-1 complessivo ottenuto ai quarti contro il Cruzeiro, frutto di un 1-1 e un 1-0. Archiviata in modo agevole la semifinale con i boliviani del Bolivar (5-0 già all’andata), la doppia finale con il Nacional è stata emozionante. 1-1 ad Asunción, con i padroni di casa che hanno trovato nel recupero il pari, 1-0 tra le mura amiche, al Pedro Bidegain di Buenos Aires. La coppa conquistata rappresenta l’apoteosi della storia societaria. Ma con il torneo in corso in Marocco, il tecnico Bauza potrebbe apporre la ciliegina. Sulla sua strada però c’è la miglior compagine del mondo, il Real Madrid di Carlo Ancelotti, tra l’altro in un momento di grazia. Una vittoria questa volta farebbe gridare davvero al miracolo, a maggior ragione dopo la differenza vista nelle semifinali. Cristiano Ronaldo e soci hanno passeggiato sui messicani del Cruz Azul, il San Lorenzo ha faticato contro i neozelandesi dell’Auckland City, prevalendo solamente ai tempi supplementari.
LA ROSA. Edgardo Bauza è uno dei più in gamba del panorama sudamericano. Ha vinto un campionato peruviano (nel 2005, alla guida dello Sporting Cristal), due campionati ecuadoriani (nel 2007 e nel 2010, alla Ldu Quito) e soprattutto due Coppe Libertadores (oltre a quella con il San Lorenzo c’è quella del 2008 con la Ldu Quito, in quello che probabilmente resta il suo capolavoro: in quell’occasione perse la finale del Mondiale per club, contro il Manchester United: 1-0 a firma di Rooney. Anche in quell’occasione, ebbe per avversario Cristiano Ronaldo).
La sua squadra gioca con il 4-2-3-1: davanti al portiere Sebastian Torrico (decisivo sia nella conquista del titolo argentino 2013 sia nella Libertadores di quest’anno), nella semifinale hanno giocato da destra a sinistra Julio Buffarini, ventisei anni, ma uno degli uomini più esperti, con più di 100 presenze nel club; il prodotto del vivaio Walter Kannemann, classe 1991 e giocatore da seguire con attenzione; il veterano Mario Yepes, approdato ai rossoblù dopo il Mondiale, dove giocò da capitano nell’ottima Colombia di Pékerman; Emmanuel Mas, considerato uno dei migliori terzini sinistri del Sudamerica. Altri due elementi preziosi sono l’ex palermitano Mauro Cetto e il “Puyol d’Argentina” Fabricio Fontanini (soprannome che deriva più dal look che dalla forza).
La mediana è formata dal 34enne Juan Mercier e dal paraguiano Nestor Ortigoza: un duo affiatato che aveva già vinto il campionato argentino nel 2010, quando entrambi militavano nell’Argentinos Juniors. Ortigoza è anche il giocatore che ha trasformato il rigore della vittoria nella finale di ritorno della Libertadores contro il Nacional. Qualche metro più avanti, ecco il trio composto dall’ala destra Gonzalo Veron, il trequartista Pablo Barrientos, ex del Catania e tornato al San Lorenzo per la terza volta, e Enzo aKalinski, ventisettenne di origini polacche. Spetta a loro rifornire l’attaccante, generalmente l’uruguaiano Martin Cauteruccio, con Mauro Matos pronto a dargli il cambio (quest’ultimo ha deciso la semifinale ai supplementari). Anche se non è più un titolare, l’idolo della tifoseria rimane il trequartista Leandro Romagnoli, il giocatore più vincente della storia del club: a trentatré anni, il “tatuado” sogna di aggiungere al suo palmarès l’unico trofeo che gli manca. Ha vinto due campionati, una Libertadores, una Copa Mercosur e una Sudamericana, partecipando a tutti e due i cicli vincenti del San Lorenzo della storia recente, quello dei primi anni Duemila (che portò, come detto, la Copa Mercosur e la Copa Sudamericana) e quello ancora in corso.
Giovanni Del Bianco
@g_delbianco
Nella foto, l'esultanza dei giocatori del San Lorenzo dopo la vittoria ai rigori sul Gremio: uno dei momenti più esaltanti della scorsa Copa Libertadores.