Sognando una finale scudetto, una specie di Super Bowl italiano, ci facciamo bastare le partite scudetto. E l'ultima ha assegnato il titolo alla Juventus, che a questo punto si può gestire, pensando seriamente a fare strada in Champions League. La squadra di Allegri non ha avuto nemmeno bisogno di troppo fuoco, tanto la superiorità è parsa evidente per 70 minuti di gioco (senza Pirlo e Pogba...). Fino a quando Garcia ha tirato fuori dal campo Totti (al 26' del secondo tempo, dentro Iturbe) e De Rossi (al 28', dentro Nainggolan). Va di moda dire che la mano dell'allenatore non conta, ma fatto sta che per 20 minuti si è vista una Roma (oltretutto in dieci dal 17' sempre del secondo tempo, per l'espulsione di Torosidis) come liberata mentalmente, ancora prima che tatticamente. È arrivato il pareggio di Keita, c'è stata qualche altra situazione pericolosa, si è respirata aria nuova. 20 minuti nell'arco di un campionato significano niente, ma questo non toglie che la situazione sia sotto gli occhi di tutti: uno dei più forti calciatori italiani di tutti i tempi (Totti) e uno che fino a un paio di anni fa era fra i centrocampisti con più mercato in Europa (De Rossi), al punto che tuttora è il calciatore più pagato della serie A, sono diventati paradossalmente un problema per Garcia e per la Roma. Sarebbe però sbagliato accomunarli, anche se spesso superficialmente lo facciamo, anche restringendo il discorso a Roma-Juventus: Totti non era ispirato, ma ha fatto una prestazione di sacrificio andando basso a raccogliere palloni e distribuirli, mentre De Rossi era nella ormai consueta modalità 'Falli e nervosismo' fin da subito: infatti soltanto il secondo, al di là del culto spesso grottesco che investe Totti, è uscito fra i fischi dell'Olimpico. Non entriamo nell'extracalcio, che in questa vicenda più romana che romanista ha la sua importanza, e parliamo solo del campo, dove Totti è sembrato scollatissimo dai presunti compagni di reparto Gervinho e Liajijc, mentre De Rossi ha sofferto fin dal primo minuto. Le partite di Totti vengono spesso vivisezionate, non solo per via dei record, mentre meno attenzione desta De Rossi. Che in questo campionato è stato in campo per tutti i 90 minuti soltanto 9 volte, fra squalifiche, casi mediatici, piccoli infortuni e in qualche caso scelte coraggiose di Garcia. Impensabile che si faccia da parte da solo (il contratto scade nel 2017, quando avrà 34 anni), discorso che del resto vale anche per Totti, impensabile che la società faccia a meno di due parafulmini perfetti, impensabile che possano rimanere entrambi con Garcia anche l'anno prossimo. Però è chiaro che così non si può andare avanti, pur ricordando che stiamo parlando di una squadra che se non si suicida andrà in scioltezza in Champions League. I profondi conoscitori dell'ambiente giallorosso sanno benissimo che per Totti e De Rossi entrano in gioco a Roma dinamiche mediatiche (fra radio, web e tutto il resto) ben diverse: il capitano non si discute mai, capitan Futuro invece sì e spesso con malevolenza. Chi ha la bontà di seguirci sul Guerino sa che vorremmo una formazione della Roma con almeno 8 romani, una dell'Atalanta con 8 bergamaschi e così via, ma le singole situazioni vanno distinte. E pensiamo che davvero De Rossi, liberato dell'extracalcio che ha vissuto e vive a Roma, sarebbe stato un grande protagonista nel Real Madrid o nel Bayern Monaco.
Twitter @StefanoOlivari