È il 21 febbraio 2015 e North Carolina sta giocando a Chapel Hill contro Georgia Tech. È la prima azione di attacco della squadra di casa e il coach Roy Williams, vestito con un'improbabilissima giacca a quadri, alza il braccio e con la mano destra mostra alla sua squadra il numero 4. Il play guarda, annuisce e fa lo stesso: giochiamo 4. Il pubblico vede, si alza in piedi ed emozionato, inizia ad applaudire e così parte una standing ovation. Se sei americano e in quel momento stai guardando la partita alla tv sai benissimo perché, in caso contrario bisogna fare un passo indietro.
Il 7 febbraio, proprio a Chapel Hill, è morto all'approssimarsi dei suoi 84 anni, Dean Smith, allenatore sicuramente, ma anche, per chi ci ha avuto a che fare, grande persona e uomo che sapeva insegnare, in campo, ma anche fuori. Dean Smith ha iniziato ad allenare come assistente per i Kansas Jayhawks, l'università della città dove era nato e poi per un paio di anni, sempre come aiuto allenatore nella squadra dell'aviazione delle forze armate. Dal 1961 era diventato, dopo tre anni da assistente, capo allenatore di North Carolina e siccome qualcosa da dire e da insegnare in quel ruolo ce l'aveva , ci è rimasto per 36 anni, fino al 1997, quando si è ritirato: "non ho più l'entusiasmo che serve", in sintesi. Oltre ad aver vinto due titoli a North Carolina, Coach Smith è stato nominato per 4 volte allenatore dell'anno, inoltre, come capo allenatore della nazionale USA, ha trovato il tempo nel 1976 di mettersi al collo un oro Olimpico (Montreal).
La sua vita è piena di aneddoti, storie da raccontare, ma soprattutto esempi da seguire: Smith è stato il primo allenatore a inserire nella squadra di North Carolina un giocatore di colore (e all'epoca, per i più, non era una medaglia da portare sulla giacca) e teneva così tanto ai suoi giocatori e al loro futuro che la sua squadra aveva la più alta percentuale di giocatori laureati degli Stati Uniti. Una volta smesso di allenare si è dedicato agli altri tramite associazioni di volontariato e no profit, impegnandosi sempre in prima persona. Smith l'allenatore si è ritirato con un record di 879 vinte e 254 perse, ha creato una delle più grandi dinastie di allenatori di sempre annoverando tra i suoi discepoli gente del calibro di Larry Brown, Billy Cunningham, George Karl, Mitch Kupchak (general manager più che allenatore, ma sempre dalla sua scuola), Doug Moe. Tra i giocatori ha forgiato il talento di Michael Jordan ... si, proprio lui: Air Jordan.
Smith l'allenatore aveva come marchio di fabbrica il "Four Corners offense", uno schema che chiamava con il numero 4 dalla panchina, che prevedeva, il play al centro del gioco e il resto della squadra a formare un box occupando i quattro angoli della metà campo offensiva. Non lo aveva inventato lui, ma lo aveva estremizzato a tal punto da renderlo suo e così era per tutti. Un gioco che aveva chiamato dalla panchina per quasi 30 anni, che tutti si aspettavano, ma che nessuno sapeva contenere.
E ora possiamo fare un passo avanti. Ecco perchè Roy Williams ha chiamato il gioco 4, non è stata una sterile emulazione o la voglia di regalare un'emozione al pubblico, ma il modo migliore che conosceva per ricordare coach Smith: chiamare dalla panchina di Smith, il suo gioco, quello che aveva insegnato per tanti anni, così come, nel frattempo, aveva insegnato tante altre cose.
Luigi Ceccon, per Guerin basket
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