Si gioca la quinta di ritorno, la prima dopo le Final Eight di coppa Italia. Le tante partite iniziano a evidenziare problemi piccoli e grandi di una Serie A dove girano sempre meno soldi, poche idee e soprattutto pochissima programmazione. Ci sono anche esempi positivi, magari dove non te li aspetti, ma per molti (giocatori, allenatori, dirigenti e proprietà) il professionismo rimane davvero lontano.
Bocciati
Roma affonda scavando, domenica dopo domenica, ogni volta che pare aver toccato il fondo. Perso Triche, non rientrato dagli States dopo la settimana di pausa concessa dalla società e tesserato in tutta fretta Freeman, la squadra di Dalmonte sta mostrando tutti i limiti di un gruppo costruito scommettendo su ogni singolo individuo, senza strutturare uno scheletro solido su cui innestare giocatori “rischiosi”. A questo va aggiunto che metà del rooster gioca fuori ruolo, non c'è un pivot che sappia giocare spalle a canestro (prendere Ebi come rinforzo sotto canestro è stato come puntellare un muro maestro con dei grissini), qualche infortunio e non ci sono alternative al pick and roll che viene giocato anche a 8 metri dal canestro. La panchina di Dalmonte ha una polizza in scadenza che è l'Eurocup, ma a sentirsi colpevole della situazione dovrebbe essere Alberani, sveltissimo a prendersi i riflettori quando le cose vanno bene. Capace di mandar via l'allenatore che tutti volevano e che aveva portato Roma alla finale scudetto, di cui pareva non sopportare la popolarità, è ora incapace di fare mea culpa davanti a una situazione così disastrosa e alla Caporetto di una squadra che lui ha costruito fallendo. Dalmonte in conferenza stampa ha detto che è ora di prendere decisioni. Forse su questa cosa sbaglia: le decisioni andavano prese almeno dieci giornate fa.
I tifosi di Milano mettono in scena la protesta contro tutto e tutti, per aver perso la coppa Italia con Sassari e aver poi vinto in trasferta in Russia la seconda partita del girone di Eurolega (a qualificazione ormai compromessa). Gli striscioni dei tifosi riguardano la proprietà che spende milioni (ma male), l'allenatore Banchi (incapace), Portaluppi (idem) e capitan Gentile (generico). Se da una parte si può capire la delusione per una coppa non vinta, fa un po' specie vedere che si protesti contro una proprietà che ha saputo creare nuovamente il mito dell'Olimpia, costruendo un gruppo che per differenza tecnica è condannato a vincere e stravincere (come con Reggio Emilia) sempre. Un gruppo che in Italia ha steccato solo contro Sassari (che sulla partita singola è spinosa come un istrice) ma che in Europa si scontra con realtà che poco hanno a che vedere con il basket nostrano, al punto che il nostro campionato non può servire neanche da allenamento per quello Europeo. I tifosi di Milano farebbero bene a pensare che al momento tifano per il meglio che c'è in Italia a livello tecnico, di team (nonostante l'indisponenza che spesso mostra qualche giocatore) e di solidità societaria. A tal proposito, anche guardando bene, dietro Armani non si vede una lunga fila di imprenditori pronti a raccogliere il testimone e se i tifosi continuano a contestare, la proprietà magari finisce per prenderli in parola.
Reggio Emilia si presenta a Milano con un secondo posto da conservare tentando di violare il campo dei primi in classifica. L'impresa è di quelle difficili e magari ci si potrebbe accontentare di perdere con dignità. Alla fine però gli emiliani escono dal Forum come terzi e con 50 punti da digerire. La debacle è completa e neanche le assenze di Cervi e Dienier possono spiegare uno dei peggiori scarti del nostro campionato, forse la testa è rimasta alla coppa Italia, forse Milano era “troppa roba”, ma almeno provarci era d'obbligo.
Caserta torna all'ultimo posto in classifica, penalizzata di un punto che non le pemetterà di giocarsela neanche sugli scontri diretti. Esaurita la spinta e il rinnovamento portati da Vincenzo Esposito i campani sembrano aver nuovamente smarrito la rotta, e il porto della salvezza ora è un miraggio
Varese ha visto le dimissioni prima di Vescovi e poi di Pozzecco. Il primo (pare) per pesanti dissidi con il secondo, il secondo per mancanza di risultati (a saperlo prima, Vescovi faceva meglio a resistere un altro po'). Al posto di Pozzecco è stato chiamato Attilio “l'artiglio” Caia: pavese, coach di lunghissima esperienza, ex di tante squadre, pacato, non proprio vincente sulle panchine su cui si è seduto prima di fare il commentatore e che sembra aver dato il suo meglio prima del 2000. Non una scelta di continuità quella della pallacanestro Varese, che si è aggrappata a un allenatore esperto, ma da un paio di anni fuori dalla serie A, per sostituire l'idolo delle conferenze stampa. Basterà assieme al restyling del team, per non impelagarsi nella lotta con Caserta?
Promossi
Sassari torna a giocare in casa e approfitta dell'occasione per far vedere al proprio pubblico la coppa strappata a Milano. I tifosi sorridono pensando alla danza di Lawal subito dopo il fischio finale della finale di Coppa Italia, i giocatori si godono gli applausi del pubblico, Mentre Sacchetti non ammette distrazioni e strapazza Cantù. Idillio? Poco ci manca.
Milano ne da 50 a Reggio Emilia, con un Kleiza in stato di grazia dopo la disgrazia mostrata in finale la settimana prima. Non fa neanche notizia, è la regola di un gruppo da cui ci si aspetta questo… povera gratitudine.
Trento e Capo d’Orlando: matricola e quindi esordiente, alla seconda esperienza in Serie A la seconda, le due neopromosse viaggiano, separate da 8 punti, verso i playoff e verso la salvezza. Miracoli, imprese, etc? No, programmazione, capacità di guardare avanti e, perché no, anche un briciolo di fortuna, che serve sempre.
Luigi Ceccon, per Guerin Basket