La notizia è di ieri: Toti ha diramato una nota in cui dice di aver ricapitalizzato la società ma di non avere intenzione di iscrivere la Virtus Roma al campionato di Serie A fino a quando non avrà per certa la copertura economica e finanziaria per la stagione 2015 2016. Nella stessa nota il presidente ribadisce la sua intenzione di disimpegnarsi (vendere baracca e burattini) dalla gestione della squadra, ma di non aver trovato ancora un acquirente o una soluzione percorribile.
Riassumendo: Toti vuol vendere, oppure trovare dei soci/sponsor che portino liquidità, oppure ancora non iscrivere la squadra al campionato. Brutta situazione per Roma e per i suoi tifosi, che si apprestano a vivere un'estate di passione prima di vedere se e come la Virtus sopravviverà. Nel frattempo ha rispedito al mittente Francesco Vescovi la proposta del consorzio "Roma nel cuore", accusato istituzioni e sponsor di fregarsene, fatta un po' di terra bruciata attorno a sé e alla società.
Nelle ultime ore, più che l'ansia, cresce il malcontento in città verso un presidente che nel tempo ha sforbiciato la pianta, invece di accudirla, concimarla, innaffiarla, e che ora si lamenta di non poterne cogliere i frutti.
Appare scientifica l'attività portata avanti da Toti in questi ultimi anni, volta a recidere qualsiasi legame della squadra prima con il proprio passato e poi con i propri tifosi. La Virtus Roma, che ha illuminato il Palazzo dello sport dell'EUR (la cattedrale nel deserto) negli anni '80, aveva numerosi giocatori provenienti dal proprio vivaio e dalla città (Sbarra, Gilardi, Polesello e Castellano per citane qualcuno) . Giocatori che i tifosi erano arrivati a mitizzare e con cui si erano identificati. In panchina poi sedeva Bianchini, "il Vate" per i più, che ad oggi rimane il più grande comunicatore del basket italiano e uomo di enorme cultura, sportiva e non.
Nella Virtus attuale non vi è nessuna traccia di quel passato lì, ma neanche di quello più recente di Bodiroga o recentissimo targato Calvani, il coach romano che nella stagione 2012 - 2013 era riuscito a ricreare un legame tra pubblico e squadra, seminando a piene mani entusiasmo e soprattutto partecipazione, e arrivando a giocare una finale scudetto persa contro Siena, squadra che poi si rivelerà dopata dai bilanci truccati. Paradossalmente proprio l'eccessiva popolarità è stata fatale a Calvani, coach dell'anno per acclamazione e scelleratamente tagliato dal General Manager Alberani, che mal sopportava l'ombra dei riflettori riservati ad altri e che di quella stagione voleva onori e meriti, mentre il patron Toti guardava e lasciava colpevolmente fare.
Alberani, dunque, è l'ultima tessera del mosaico pessimo di questa immagine che oggi è la Virtus Roma: la sua voglia di apparire l'ha portato (e spesso) a scommettere su giocatori che poi hanno fallito. Come risultato le ultime due stagioni di Roma sono state incredibilmente al ribasso, con Jones che da gregario in un gruppo medio si è trovato a fare, suo malgrado, il fuoriclasse in un gruppo mediocre, Goss che nell'ultima stagione ha fatto il fenomeno, ma con la maglia della Reyer e un'incredibile lunga lista di giocatori tagliati, scappati, infortunati, inspiegabilmente involuti.
E ora c'è un presente senza passato ma, sembra, anche senza futuro, come tutte le realtà nelle quali qualcuno pensa di non avere nulla da imparare e finisce con l'avere molto da sbagliare. Il Palaeur intanto rimarrà chiuso per un'altra stagione, poggiato sulla collina dell'EUR come un gigante addormentato, con mille storie di uomini, squadre e partite da raccontare, ma che nessuno pare aver voglia di ascoltare.