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Il valore degli Warriors senza Curry

Il valore degli Warriors senza Curry

Redazione

25 aprile 2016

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Che cosa siano i Golden State Warriors lo si è visto in occasione della stagione regolare da record, un 73-9 che fa spavento soltanto a scriverlo, ma anche nel terzo quarto di garaquattro contro gli Houston Rockets. La partita del rientro di Steph Curry dopo l'infortunio alla caviglia, iniziata in maniera discreta (tiro da tre a parte) da lui e in maniera strana dalla sua squadra, tanto poco intensa dal far sembrare Harden e Howard i guerrieri che non sono mai stati, anche al netto delle consuete infrazioni di passi. Alla fine del primo quarto Curry è scivolato e gli si è girato il ginocchio destro, con futuro tutto da decifrare: nel presente ha provato a rientrare dopo l'intervallo lungo, sul 58 pari, ma non ce l'ha fatta. Ed è stato a quel punto che il resto della squadra, colpita dal pianto disperato dell'MVP negli spogliatoi (lo ha raccontato Draymond Green), ha inserito il solito pilota automatico per un terzo quarto clamoroso da più 21 (41 a 20) nei confronti degli avversari, merito di una difesa ritrovata e di un attacco dove Shaun Livingston ha per l'ennesima volta fatto vedere ciò che la sua carriera sarebbe stata senza tanta sfortuna, creando situazioni per Klay Thompson, Iguodala e un Green al solito vero leader. Difficile fare congetture sul futuro medico di Curry, i cui primi anni di NBA sono stati condizionati dalle caviglie ma che è tutt'altro che fragile (fra l'altro si è infortunato, sempre casualmente, anche il suo 'mastino' Beverley), mentre è chiaro che gli Warriors anche senza di lui possono arrivare, anche se non proprio tranquillamente (al prossimo turno probabili i Clippers), alla finale di Conference contro i San Antonio Spurs che hanno appena spazzato i Grizzlies. Sarà la vera finale NBA e per definire l'era di Golden State paradossalmente lo sarebbe ancora  di più senza Curry: due sistemi di pallacanestro unici e difficili da replicare fuori dai rispettivi contesti, di sicuro due squadre che interpretano il gioco in maniera ben diversa dal campionismo di quelle poche altre forti e dal tirare a campare (pietosamente definito 'rebuilding') degli altri. Ma la domanda di attualità è una sola: in prospettiva anello, che significa superare gli Spurs e poi vincere la finale contro i campioni della Eastern Conference, quanto valgono gli Warriors senza Curry? Una risposta l'ha già data Kerr, rinunciando a molte certezze nonostante i santoni NBA nei playoff riducano le rotazioni giocando al massimo con sette-otto giocatori. Livingston a parte, e considerando Iguodala sesto uomo per modo di dire, prendendo il buono dai vari Clark, Barbosa, Ezili, Speights, Rush e McAdoo gli Warriors possono far guarire tranquillamente la loro stella e scrivere pagine davvero inedite nella storia della NBA. Per certi versi più importanti dei record.

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