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Curry contro James, la finale definitiva

Curry contro James, la finale definitiva

Redazione

2 giugno 2016

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Finalmente cominciano, nella notte italiana (alle 3 diretta su Sky Sport 2) fra giovedì e venerdì, le NBA Finals che tutti si aspettavano ma che si sono materializzate in maniera ben diversa per le due squadre in campo: drammatica per i Golden State Warriors campioni in carica, sopravvissuti all'infortunio di Curry al primo turno con i Rockets e poi anche alla straordinaria carica dei Thunder nella finale di conference, più tranquilla (con brividi soltanto contro i Raptors) per i Cavs autogestiti di LeBron James, Irving e Love, dove Tyronn Lue è in panchina giusto per salvare la forma dopo il discutibile esonero di Blatt. Inutile ricordare le caratteristiche di squadre che tutti gli appassionati hanno visto giocare decine di volte, sempre interessante ricordare le dimensioni del fenomeno NBA nel mondo, con appassionati in molti casi diversi da quelli che tifano per le squadre locali. Finals trasmesse in diretta in 215 fra nazioni e territori, con telecronache in 49 lingue ascoltabili su tutti i mezzi possibili. Assalto dei media internazionali ma soltanto 280 gli accreditati: abbiamo sperimentato di persona e con gioia che la NBA è molto selettiva, in tribuna stampa vanno soltanto i giornalisti (sembra una banalità, ma in Italia non funziona così ed è per questo che a fianco dei pochi che lavorano si vedono figuri con sciarpe ultras, insieme ad altri che esultano o imprecano). Fa impressione che 9 giocatori sui 24 a referto siano considerati 'Intarnational players', cioè i nostri 'stranieri', ma va detto che quasi molti hanno giocato a livello di college in America (Irving, Kaun, Dellavedova, Tristan Thompson, Bogut, Ezeli) e che in ogni caso Irving ha il passaporto australiano soltanto per caso. Dopo tanto parlare di Golden State la pressione si sta però spostando su Cleveland che mai come quest'anno ha la possibilità di vincere il primo titolo della sua storia, vendicandosi anche delle Finals 2015 giocate con l'infermeria piena e forse proprio per queste piene di momenti eroici. I temi tattici saranno molteplici, ma di sicuro mai nella storia della NBA si vedranno finali così legate al tiro da tre. In questa stagione gli Warriors (1.077) e Stephen Curry (402) hanno stabilito i record NBA di squadra e individuale, per il maggior numero di canestri da tre realizzati. I Cavaliers hanno invece registrato 'soltanto' il record di franchigia, con 880, durante la regular season, comunque al quinto posto nella classifica di tutti i tempi. E per quello che si è visto finora nei playoff, la musica non dovrebbe cambiare proprio all'atto finale. Dal punto di vista ideologico il confronto è molto più netto: da una parte i Cavs costruiti nell'estate 2014 per vincere subito, attorno alle loro tre stelle (solo Irving c'era già), dall'altra gli Warriors con quattro del quintetto base (Curry, Klay Thompson, Harrison Barnes e Draymond Green) scelti da loro stessi nei vari draft, e nessuno in posizione nobile: Green addirittura alla numero 35 del 2012... Dulcis in fundo la contrapposizione mediatica per eccellenza, Curry contro James, il derby di Akron (anche se nell'Ohio Steph ci è giusto nato) e la sfida fra due carriere molto diverse: il sottovalutato (relativamente, visto che nel 2009 fu scelto alla 7) contro il prescelto fin dai tempi del liceo, il più bravo in un gruppo di pari contro il lupo Alpha (anche se Alpha in maniera diversa da Jordan) del branco, il borghese figlio di un ex giocatore contro il ragazzo abbandonato dal padre come molti colleghi NBA, il giocatore caratterizzato contro quello totale, il fisico apparentemente normale contro quello quasi sovrumano. Di più: l'uomo dal gioco elettrizzante che attira un tifo trasversale contro il campione che invece di trasversale attira soltanto l'antipatia (senza colpe particolari, peraltro). Inutile dire che chi perderà non sarà per la maggior parte dei media un fuoriclasse battuto da un altro fuoriclasse, ma un perdente sopravvalutato: discorso che vale soprattutto per LeBron, alla sesta finale negli ultimi sei anni (le prime quattro con gli Heat). Unico non appartenente ai Celtics della storia ad esserci riuscito. Fine della storia, per fortuna c'è il presente di uno dei massimi spettacoli sportivi possibili, fra i pochi che si possono seguire senza il doping del tifo.

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