1. I Golden State Warriors in versione Kevin Durant sono una squadra da lavori in corso, come ha dimostrato l'esordio in stagione regolare contro gli Spurs, ma il loro leader nonché MVP NBA in carica ha aggiunto un'altra tacca al suo mito che per evidenti motivi (Curry sembra avere un fisico normale in cui è facile per lo spettatore identificarsi, anche se questo fisico in realtà è eccezionale, a partire dalla forza nelle braccia) colpisce più di altri. La NBA ha infatti annunciato che Curry ha conquistato il primo posto nella classifica delle canotte più popolari della NBA vendute in Europa. Alle spalle di Curry il prevedibile LeBron James e il meno prevedibile, almeno in un'ottica europea, Kyrie Irving. A livello di squadra dominio dei Golden State Warriors, seguiti dai Cleveland Cavaliers campioni e dai Chicago Bulls. Tornando ai singoli è interessante notare che i risultati si basano sulle vendite complessive a partire da settembre 2015 e che al quarto posto si è classificato Kobe Bryant, merito non soltanto della stagione dei saluti ma anche di un carisma ancora in cerca di una canalizzazione fuori dal campo.
2. Era prevedibile che la questione dell'inno avrebbe creato polemiche in una lega con più giocatori neri della già 'nera' NFL (circa 75% contro circa 67), sulla scia del caso Kaepernick, ma almeno in queste prime giornate non è successo niente di clamoroso. La linea della lega diretta da Adam Silver e delle singole squadre è chiara, anzi no: c'è libertà di opinione ma l'inno va rispettato. Cosa vuole dire? In sostanza che si giudica caso per caso, sperando che non succeda mai niente di clamoroso, che vada a scalfire l'immagine della lega. L'ultimo è quello di Sevyn Streeter, che avrebbe dovuto cantare l'inno in casa dei Sixers ma che qualche minuto prima della performance (versione sua) sarebbe stata accompagnata all'uscita per via della maglietta 'We Matter'. In generale sembra che i giocatori NBA, a prescindere dal colore della pelle, sulla questione a parte qualche eccezione non vogliano esporsi e si trincerino dietro a generiche frasi di condanna della violenza e delle discriminazioni razziali, che (a parole) raccolgono quasi il 100% dei consensi.
3. Il dinamismo imprenditoriale americano non è paragonabile a quello europeo, con i soldi che c'entrano soltanto in parte. Sta di fatto che il Golden 1 Center, inaugurato dai Sacramento Kings la scorsa notte perdendo contro gli Spurs, fa capire molto della nuova filosofia NBA per quando riguarda gli impianti. Costato l'equivalente di 550 milioni di euro e costruito in meno di due anni di lavoro, il Golden 1 è la prima arena professionistica alimentata totalmente con energia solare, costruita con materiali riciclati e per oltre il 90% dei suoi prodotti alimentari provenienti da quello che in Italia si definirebbe 'chilometro zero' (negli USA il parametro è di circa 200 chilometri). Ma gli aspetti più interessanti sono per noi altri due. Prima di tutto la capienza: 17.500 spettatori, poche decine in più rispetto all'arena (con varie denominazioni, la più famosa è ARCO) usata dal 1988 a pochi mesi fa. Insomma, non ha senso inseguire il gigantismo e costringere alcuni spettatori a guardare le partite con il binocolo o sui pur pregevoli maxischermi: la pallacanestro dal vivo non può andare oltre certe cifre, a meno di non penalizzare il prodotto. Il secondo aspetto davvero interessante è la tendenza non soltanto NBA a riportare gli stadi non diciamo in centro, anche perché il concetto di centro cambia a seconda del posto, ma sicuramente più vicino al cuore della città.
Twitter @StefanoOlivari