La dodicesima di un campionato alla continua ricerca di una anti Milano battezza la Reyer (unica ad aver sconfitto, in casa, l’Olimpia) come antagonista delle (ex) scarpette rosse, quantomeno per mancanza di concorrenza. Al lato opposto della classifica Cremona, con poco organico ma con un nuovo allenatore, perde con Avellino (in cerca di riscatto) in casa e si trova affossata -4 dalla lotta salvezza, ultima e solitaria.
Tempi duri anche per Pistoia, che alla vigilia della partita con Cantù (poi vinta), perde il proprio presidente, Roberto Maltinti, auto dimessosi dopo aver ricevuto la visita della guardia di finanza e della polizia, per una denuncia scattata dopo i lavori di ristrutturazione del palasport di Pistoia, terminati questa estate. Motivo del contendere lo sblocco di 400.000 Euro stanziati dal comune per pagare i lavori e che dovevano essere garantiti dalla società rappresentata da Maltinti in quanto gestore del palazzo dello sport. Si avanzano dubbi che la Pistoia Basket 2000 abbia titolo per la gestione in uso dell’impianto e quindi per aver seguito i lavori. Il sindaco di Pistoia, Samuele Bertinelli, si è affrettato a esprimere vicinanza a Maltinti e a dirsi certo di una risoluzione della questione in tempi brevi e con “tutti contenti”. Ormai però il danno, almeno di immagine, è fatto e a rimetterci è il movimento intero (oltre alla ditta che aspetta i soldi), con “una delle 16 migliori squadre d’Italia” che rischia di trovarsi da oggi a domani, abusiva su quello che considerava il campo di casa. Problema che nasce dai contrasti che nascono tra proprietà degli impianti sportivi, generalmente pubblica e gestione degli stessi affidata a un privato. Da quella sottilissima linea di confine che delimita obblighi e competenze nascono incomprensioni, interpretazioni sbagliate, compromissione degli obiettivi che spesso si nascondono nella fittissima nebbia dei cavilli burocratici. La cosa che fa sorridere è che due giorni prima, in una intervista, l’allenatore di Cantù, l’impronunciabile Kiril Bolshakov, in vista della partita (poi persa) con Pistoia aveva detto di temere il campo dei padroni di casa. Che sapesse già qualcosa?
Il mondo del basket si rasserena: Gianni Petrucci avrà altri quattro anni per continuare a mietere successi alla presidenza della FIP. Rieletto con oltre il 92% dei voti, per quel che appare come un plebiscito ma si giustifica con la candidatura unica, il presidente non ha mai avuto dubbi sul suo futuro e seguendo quella che è che è una tradizione tutta italiana, dei presidenti padroni e soprattutto senza scadenza, ha avuto modo di vantarsi del vuoto orizzonte che può ammirare quando il suo sguardo è in cerca di avversari. Discorsi di altri tempi, che possono suonare minacciosi: “nessuno ha il coraggio di sfidarmi” e “faccio il dirigente da una vita” o ancora: “chi mi critica non ha il coraggio”. Nessun accenno ai meriti e ai risultati raggiunti, ad una elezione ottenuta per meriti, quasi che non ce ne fossero, marcata invece, quasi ce ne fosse bisogno, l’adesione alla italica abitudine dei dirigenti che invecchiano in poltrone presidenziali. Problema diffuso, che ha richiesto anche l’approvazione di un disegno di legge ad hoc, presentato (anche) da Josefa Idem, che limitasse a non più di due rielezioni il numero di mandati per le cariche federali, per un totale massimo i 12 anni. Subito dopo l’elezione Petrucci ha detto che il suo sogno (non obiettivo, dagli errori di impara) sarebbe portare gli uomini e le donne a Tokyo 2020, mentre in una intervista rilasciata al Corriere dello Sport ha ribadito che il suo dovere per il preolimpico di Torino la federazione l’aveva fatto e che è mancato il risultato sportivo. Come dire che le promesse hanno molti padri, le sconfitte no.
Sassari perde contro Capo d’Orlando e si aggrava la posizione di coach Pasquini, di professione general manager, salito sul ponte di comando dopo l’esonero di coach Sacchetti e le dimissioni di coach Calvani e ora in balia delle onde. Il record della Dinamo in campionato e in Coppa dei Campioni è sotto il 50% e per la panchina si fa il nome di Svetislav Pesic: sergente di ferro ed espertissimo coach serbo, conosciuto in Italia tra il 2004 e il 2006 per aver allenato la Virtus. Quale che sia il destino di Pasquini, la ricostruzione della Dinamo è molto più difficoltosa di quel che Sardara aveva pensato e Pesic (o chi per lui) sarebbe il quarto coach in meno di due anni.
Caserta ha perso con Pesaro, ma nessuno se ne è accorto, visto che la partita coincideva con le celebrazioni per il ritorno a Caserta di Oscar Schmidt, “Mao Santa” per gli amici. Oscar prima della partita, dove è stato festeggiato da amici e tifosi, si è tolto qualche secchio di ghiaia dalle scarpe, parlando della fine della sua esperienza con la maglia di Caserta, la poca gratitudine nei suoi confronti dei dirigenti subentrati a Maggiò, il divieto di passare da Caserta a un’altra squadra di serie A1. Bello invece il ricordo per Tanjevic che lo aveva voluto e chiesto a Maggiò, “Come un padre per me”, con queste parole: “C’è uno in Brasile che segna e piange, portamelo qui”. Poi il suo rapporto con il basket: “Non tirerò a canestro oggi: non mi alleno da 13 anni, non ho mai scherzato con il basket”. Il basket come cosa seria per lui che da tutti era considerato talento puro: “Non esiste il talento, è solo allenamento”. E in molti hanno ricordato le sue interminabili sedute di tiro al PalaMaggiò (“Non chiamarlo vecchio impianto. È uno stadio grandioso, costruito in soli 100 giorni da un grande uomo”), finiti gli allenamenti, alla ricerca continua della parabola perfetta, del tiro che bruciasse la retina. Eccolo il talento della “Mano santa” o “O Rey” come era detto a Caserta: non sottovalutare mai il basket. Non un gioco da ragazzi, ma una cosa seria, da giocare con rispetto. Il basket dei campioni, proprio come lo intendeva il suo avversario di allora, Drazen Petrovic, altro incubo di avversari e custodi delle palestre, instancabile negli allenamenti, chirurgico in partita. Gente così purtroppo in Italia non ne vediamo più, se non tra le vecchie glorie.
Trento è tornata alla vittoria grazie a una prestazione super di Lighty, ma con 9 uomini messi in campo da Buscaglia ed andati a referto. Varese non è riuscita a replicare la buona prestazione sfoderata contro Reggio Emilia, ma quello di Trento pare un vero e proprio tonfo, aggravato dalla vittoria di Pesaro sul campo di Caserta. Milano vince con Brindisi “mettendosi giù sulle gambe” nel quarto periodo, quando gli avversari hanno finito la benzina. Repesa salva l’ultimo periodo e fa qualche carezza ai suoi, ricordando poi che l’Eurolega non è compromessa. Sacchetti non può far altro che misurare il gap tra Brindisi e Milano. Cade di nuovo Reggio Emilia, in casa di Torino, che deve ricalibrare i propri obiettivi di inizio stagione. L’ottavo posto induce a sperare ma la possibilità di agire con continuità sul mercato e la caratura delle inseguitrici non lascia tranquillo Vitucci.