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L'incognita Curry sulla NBA 2017

L'incognita Curry sulla NBA 2017

Redazione

2 gennaio 2017

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Stiamo andando verso un eterno Cavs-Warriors? La domanda che conta, parlando della NBA del 2017 e dei prossimi anni, è fondamentalmente questa. Con buona pace di record individuali che lasciano il tempo che trovano, in una stagione regolare di 82 partite e sistemi di gioco fondamentalmente diversi. E con tutto il rispetto per Harden, Antetokounmpo, Davis, Westbrook e altri campioni da ammirare senza per forza battere la grancassa. La risposta alla grande domanda è un sì con enorme asterisco. Il sì dipende da quanto si è visto finora, partitona di Natale compresa: a Cleveland si stanno sostanzialmente gestendo ben 'allenati' da LeBron James, con qualche infortunio grave (Chris Andersen e soprattutto J.R: Smith) ma una buona velocità di crociera, mentre Golden State ha inserito perfettamente Durant, perso senza drammi Bogut (Pachulia e McGee sono anzi più funzionali ad una squadra di all star) e pare superato lo strano momento di Curry. Terzo incomodo, lo si dice sempre, ma non per questo è meno vero, gli Spurs post Duncan dove Aldridge ci sembra avere cambiato passo e Kawhi Leonard in attacco è ormai a livello della straordinaria difesa, al punto che non sarebbe strano considerarlo in lizza per il titolo di MVP. Questo per la stagione corrente, mentre l'asterisco riguarda il futuro, perché in estate Curry diventerà unrestricted free agent (traduzione: potrà andare dove vuole, anche se gli Warriors pareggeranno l'offerta) e lo stesso Durant avrà una player option (in pratica la possibilità unilaterale di uscire dal contratto), senza contare gli altri free agent da sistemare, primo fra tutti Iguodala. In altre parole: un trionfo a giugno dovrebbe indurre gli Warriors a dare il massimo possibile a Curry (che guadagna 12 milioni di dollari l'anno, una miseria visto il suo impatto anche mediatico sulla lega) e Durant a rimanere per aprire un ciclo, una sconfitta in finale o nella finale di conference con gli Spurs potrebbe avere effetti devastanti sul giocattolo, perché Draymond Green e Klay Thompson hanno ormai quasi lo status di Curry e Durant e al di là delle possibilità finanziarie ci sono aspetti umani imprevedibili che possono contare almeno quanto ragionamenti cervellotici sul nuovo contratto collettivo (in estrema sintesi: più soldi per tutti, ma soprattutto per le stelle che avranno ancora maggiori chance di diventare free agent). Insomma, nella NBA e nella vita godiamoci il presente.

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