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Addio ad uno dei più grandi giocatori ed al più grande dirigente della pallacanestro di sempre, stella della squadra olimpica di Roma e costruttore dei grandi cicli di Lakers e Warriors. Un uomo tormentato, che ha attraversato molte versioni dell'America...
Jerry West non è stato soltanto uno dei giocatori più forti nella storia della pallacanestro, ma è stato la NBA ben al di là della sua silhouette resa immortale dal logo della lega e che per sempre lo farà ricordare come ‘Mister Logo’. Per questo la sua scomparsa, anche ad un’età in cui è realistico andarsene (86 anni), colpisce così tanto chi lo ha apprezzato come giocatore e come dirigente. Come giocatore strordinaria guardia e idolo locale prima alla high school che trascinò al titolo statale, e poi a West Virginia, che portò a un punto dal titolo NCAA contro la California di Pete Newell. Poi insieme a Oscar Robertson leader della squadra olimpica che dominò a Roma 1960, incrociando due volte l'Italia in cui giocavano Gamba, Riminucci, Vittori, Lombardi e Pieri.
Infine 14 anni intensissimi anni nei Los Angeles Lakers, con 14 partecipazioni all’All-Star Game, tanto spettacolo dato insieme a Elgin Baylor (lui era Mister Outside, Baylor Mister Inside), anche lui futuro dirigente ma di scarse capacità, prodezze individuali (40,6 punti di media ai playoff 1965, senza tiro da tre), tante finali perse contro i quasi imbattibili Celtics dell’era Russell ed una vinta nel 1972 contro i Knicks, insieme a quello Wilt Chamberlain considerato come lui un magnifico perdente, con le sconfitte paradossalmente più epiche delle vittorie. Di sicuro è stato l’unico nella storia ad essere votato MVp della Finals senza averle vinte, nel 1969, per dire della considerazione degli addetti ai lavori in un paese in cui la vittoria è sacra.
In realtà West è stato un supervincente, nella pallacanestro e nella vita che gli aveva servito cattive carte, in una famiglia modesta con il padre che lavorava comke elettricista-tuttofare in una miniera di carbone e lo picchiava a sangue. Una famiglia segnata dalla morte di un fratello di Jerry, David, nella guerra di Corea. La situazione era tale che lo West ragazzino, come ha raccontato nella sua bellissima autobiografia West by West: My Charmed, Tormented Life, dormiva con un fucile sotto il letto per paura che il padre lo ammazzasse. Insomma, il carattere difficile di West, con le sue proverbiali esplosioni di rabbia (qualcosa si capisce anche in Winning Time, la serie vista in Italia su Sky e che a West, eufemismo, non è piaciuta), aveva una spiegazione.
Di sicuro il carattere non gli ha tolto lucidità e capacità di analizzare pregi e difetti di ogni essere vivente con qualche rapporto con la pallacanestro. Se come giocatore è stato grande fra i grandi, e come allenatore dei Lakers è stato più che buono, come dirigente è stato indubbiamente il numero uno come costruttore di squadre, anche superiore all’odiato Red Auerbach, con il suo sigario post-vittoria che West gli avrebbe fatto ingoiare. Perché West ha fatto benissimo in epoche e contesti molto diversi. I Lakers dello Showtime, cioè i Lakers degli anni Ottanta di Kareem e Magic, 5 titoli NBA ma soprattutto uno stile inimitabile nel periodo in cui la NBA diventata visibile nel resto del mondo (da noi nei memorabili sabati pomeriggio di Canale 5, con le telecronache di Dan Peterson). I Lakers del ciclo di Kobe e Shaq. I Golden State Warriors di Kerr, Curry, Thompson e Green.
Non sempre West è rimasto fino alla fine dei cicli, per godersi il momento della raccolta, la sua inquietudine lo portava sempre altrove, a guardare avanti perché gli faceva male guardarsi indietro. Da non dimenticare nemmeno l’ottimo periodo ai Grizzlies e l’ultimo ai Clippers, facendo sempre cambiare passo rispetto alle situazioni trovate. Un executive con 8 anelli vinti e altri 4 che si devono comunque al suo lavoro, per non parlare dei tanti 'What if', il più famoso quello su Julius Erving che nel 1976 avrebbe portato ai Lakers se non si fosse opposto il proprietario dei Lakers, il predecessore di Jerry Buss, che aveva in antipatia i giocatori della defunta ABA. Un uomo di pallacanestro incredibile e complesso, West, capace di essere al passo con i tempi in Americhe molto diverse. Dal canestro nel cortile della casa dei vicini a dirigente di un fenomeno planetario come la NBA di oggi, ci sono stati tanti Jerry West. O forse uno solo, immenso e tormentato.
stefano@indiscreto.net
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