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I quattromila della Serie A

I quattromila della Serie A

Il pubblico come negli anni Novanta, la popolarità di Gandini, la promozione di Bulleri, la Seattle di Gus Williams e la Detroit di Fontecchio

17 gennaio

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La Serie A ha chiuso il girone di andata con una media di spettatori a partita vicina ai 4.000, per l’esattezza 3.964, e una percentuale di riempimento degli impianti del 75,8%. È poco? È tanto? Di sicuro è una media fra realtà diversissime, fra gli 8.530 spettatori dell’Olimpia Milano e i 2.027 di Scafati, e fra incassi che in nessuna fascia riescono a far tornare i conti, senza mecenatismo più o meno interessato e contributi esterni: in questo senso i 127.141 euro a partita di incasso della squadra allenata da Ettore Messina valgono come i 12.512 di Scafati, gli 88.672 della Virtus Bologna o i 33.610 di Trento. Ma parlando della cosa più vera di tutti, cioè gli spettatori, si nota che rispetto alla media della stagione regolare dell’anno scorso (4.109) c’è un lieve calo ma in generale sono numeri quasi uguali a quelli della Serie A dei primi anni Novanta, cioè quelli del boom di investimenti e attenzione mediatica. Quello era il torneo più ricco del mondo al di fuori degli Stati Uniti, questo è uno fra i tanti dove americani di basso livello trovano qualche opportunità. Il confronto fra due mondi (nei primi anni Novanta c’erano il vincolo, i due stranieri per squadra, una NBA con meno squadre e che controllava meno giocatori, un’Europa con i soldi veri soltanto in Italia e Spagna) impossibili da confrontare dice comunque che incredibilmente la Serie A dal vivo sta tenendo, grazie ai tifosi, mentre i dati televisivi mostrano che sta perdendo gli appassionati, per non parlare del pubblico generalista.

Idee della Lega per rilanciare la Serie A? Sventolare sondaggi come quello di qualche giorno fa, da cui risulterebbe che Umberto Gandini è il quinto manager sportivo più apprezzato dagli italiani dopo Stefano Domenicali, Antonio Percassi, Matteo Marani e Angelo Binaghi. Sondaggio che fa il paio con quello, sempre di StageUp, dei 16,7 milioni di italiani interessati alla Serie A di basket. Quindi lo spettatore generalista non soltanto segue la Serie A di basket, all'insaputa dell'Auditel, ma apprezza anche il suo commissioner.

Massimo Bulleri al posto di Nenad Markovic a Sassari è l’ottavo cambio di allenatore in Serie A, giustificato dalle mancate Final Eight di Coppa Italia e dai cattivi risultati anche nella semiclandestina Europe Cup della FIBA. La classica promozione low cost del vice-allenatore, con la conspevolezza che questa squadra non è da retrocessione in ogni caso, anche se Bulleri ha altre ambizioni pur avendo iniziato male da head coach a Varese e Orzinuovi: starà a lui, uno degli eroi dell'argento olimpico di Atene, rivitalizzare una squadra piena di infortunati e mezzi infortunati, con la tentazione di Sardara di fare una umile telefonata a Sacchetti, ammesso che non l’abbia già fatta, e non per ricordare lo scudetto.

La morte di Gus Williams, grande protagonista dell’unico titolo NBA dei Seattle Supersonics, ci ricorda le Finals 1979 contro gli Washington Bullets piene di stelle (Dennis Johnson, Jack Sikma, Elvin Hayes, Wes Unseld, Bob Dandridge) assolute e di ottimi giocatori che avremmo visto in una pallacanestro italiana da rimpiangere: Larry Wright a Roma e Udine, Tom LaGarde a Gorizia, Wally Walker a Milano, Greg Ballard a Pesaro e Forlì. Ma ci ricorda anche il futuro, visto che dopo il trasferimento del 2008 a Oklahoma City (e la trasformazione in Thunder) della franchigia il tema ‘Nuova squadra NBA a Seattle’ è sempre stato rimandato alla prima expansion, ma le squadre 30 erano e 30 sono rimaste. Al prossimo giro, per arrivare a 32, toccherà a Las Vegas, ormai sdoganata, e proprio a Seattle, con Città del Messico unica vera minaccia. Cose del 2027, nella migliore delle ipotesi.

Come sta giocando Simone Fontecchio? Benino, è di una settimana fa l’ottima prova contro i Nets, ma poco in una squadra come che a dispetto dei pronostici rischia di andare ai playoff. La stella della pallacanestro italiana ha il nono minutaggio dei Pistons, 18 circa a partita, e l’ottavo contratto (questa corrispondenza è nella NBA quasi una scienza esatta), per una cifra lorda in dollari che la prossima stagione supererà gli 8 milioni. Con queste cifre presenti in mente è impensabile un ritorno in Europa prima del 2026, anche in una realtà di Eurolega, ma certo è che a 29 anni Fontecchio si trova in una realtà che lo sotto-utilizza, essendo fra l’altro uno dei pochi dell’età di mezzo in una squadra polarizzata fra i veterani alla Harris e alla Hardaway e i giovani leoni alla Cunningham. In tutto questo l’allenatore afro-americano non aiuta l’europeo, nemmeno quello superatletico come Fontecchio.

stefano@indiscreto.net

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