Il calcio italiano non è più quello degli anni Ottanta, purtroppo, dalla qualità degli interpreti migliori (non parliamo di livello medio, che invece è migliorato) alla presenza televisiva passando per mille altri aspetti, ma qualche suo istituto arcaico sopravvive a ogni cambiamento. È il caso del ritiro punitivo, che è tornato a fare notizia soltanto perché a tirarlo fuori dalla soffitta è stato un club popolare come il Napoli. Blindati dopo la sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio, i giocatori si sono visti confermare il ritiro, con un intermezzo di qualche ora (viene in mente la battuta di Gullit, citata da Sacchi nel suo recente libro...), anche dopo la partita dominata contro la Fiorentina. Una decisione che De Laurentiis ha preso contro tutti: i giocatori, che vivono il provvedimento come un sopruso e che già giovedì scorso si erano ribellati, il direttore sportivo Riccardo Bigon che lo ritiene inutile e soprattutto Benitez che per cultura, magari anche rinforzata dagli anni a Liverpool, lo considera addirittura dannoso. Poi è chiaro che un certo tipo di tifoso superficiale quasi goda, nel vedere i 'miliardari' costretti ad una relativa clausura imposta dall'alto. La prima considerazione è di tipo legale, visto che siamo nel 2015 la si può anche fare: come è possibile tenere prigioniere, al di fuori dell'orario di lavoro, persone maggiorenni? Non è questione di stipendio, perché gli stessi schemi esistono anche in LegaPro. E l'operaio che lavora male non è che debba dormire la notte in fabbrica, sorvegliato da guardiani, fino a quando il padrone si alzerà dal letto con il piede giusto. Possibile che l'Associazione Calciatori non ritenga questa battaglia, tutt'altro che di retroguardia, degna di essere combattuta? La seconda considerazione è calcistica, visto che De Laurentiis non è certo uno stupido né uno che non guarda avanti (infatti è uno dei pochi presidenti a valutare con attenzione l'ipotesi di giocare una giornata di campionato all'estero): il presidente del Napoli ritiene esaurito il ciclo di Benitez e forse anche quello di Bigon, inoltre anche quest'anno non tratterrà campioni scontenti (qualche mese fa le voci sulla vita notturna di Higuain, peraltro niente di che, non sarebbero uscite nemmeno per scherzo: ci hanno ricordato il finale napoletano di Lavezzi e Cavani) se gli porteranno un guadagno diretto. Del resto fra i grandi club il suo è l'unico che porta soldi al suo azionista di maggioranza. Conclusione? Questo mostrare la faccia cattiva, con l'ausilio di moglie e figlio a battibeccare con altre mogli o collaboratori di Benitez, per arrivare ad un punto di rottura con chi in ogni caso partirà senza però alienarsi le simpatie dei tifosi, è frutto di un calcolo imprenditoriale ben preciso. Magari addirittura giusto, visto che i risultati finanziari sono dalla parte di De Laurentiis. Per quanto riguarda quelli sportivi, forse ha ormai accettato che il Napoli abbia un limite invalicabile.
Twitter @StefanoOlivari