Del Real Madrid avversario della Juventus in semifinale di Champions League, si sa praticamente tutto. Troppo forti, famosi e affermati, i Blancos, per trovare argomenti non ancora sviscerati dai media. Con Carlo Ancelotti, le Merengues sono tornate a conquistare la grande Europa dodici anni dopo l’ultima volta: la famosa “Décima” ha spezzato l’incantesimo in cui i madrileni erano rimasti intrappolati dopo quella sensazionale volée di Zidane a Glasgow, che aveva issato sul podio la bandiera bianca per la nona volta nella storia. Dopo quel trionfo del 2002 sul Bayer Leverkusen ogni anno avrebbe dovuto essere quello buono per andare in doppia cifra nel palmarès, ma puntualmente le speranze sono state disattese dal camp di gioco, nonostante le campagne acquisti faraoniche succedutesi nel tempo, specialmente riguardanti il reparto d’attacco. Con il “nostro” Carletto, ecco che l’ossessione è svanita, e la Champions è tornata di nuovo al Bernabéu. In precedenza solo la “Séptima” si era fatta attendere di più, con un digiuno lungo addirittura trentadue anni.
Rotto il tabù, Ancelotti è chiamato a vincere di nuovo. Intanto, sarebbe il primo a bissare il titolo nell’era Champions League (l’ultima volta che una squadra riuscì a vincere due edizioni di fila, si trattava ancora della vecchia Coppa dei Campioni, e fu il Milan, guarda un po’, con Ancelotti in campo, a riuscirvi: 1989, 4-0 alla Steaua, e 1990, 1-0 al Benfica). Inoltre, il tecnico emiliano sa di non avere metodo migliore per tappare la bocca a una critica eccessiva che non gli perdona il gioco meno brillante dello scorso anno e di ritrovarsi a rincorrere in campionato. In questo momento, Barcellona e Real Madrid sono le due semifinaliste sospese tra tutto e niente. Bayern Monaco e Juventus hanno già la certezza della vittoria in campionato e in ogni caso cadranno in piedi (la Juve in particolare, autentica rivelazione di questa campagna europea); le due iberiche invece stanno dandosi battaglia anche nella Liga, coi catalani avanti di due punti a tre giornate dal termine. C’è dunque un filo invisibile che segna il confine tra la stagione d’oro e quella fallimentare, sia nel destino del Real Madrid sia in quello del Barça (che lotta addirittura per il Triplete, avendo in programma anche la finale di Coppa del Re). Certo, pare incredibile che essere in corsa su due fronti a maggio, detenere la Champions e il Mondiale per club e avere in squadra il Pallone d’oro Cristiano Ronaldo possa non essere abbastanza per qualcuno. Ma al Bernabéu, il secondo posto non è mai stato accettato di buon grado, e così Ancelotti deve far fronte a un pubblico insaziabile, pronto a parlare di “crisi” se la stagione non dovesse finire con altri titoli.
Se in campionato, Ronaldo e compagni hanno girato ogni tanto a vuoto, in Europa non hanno sbagliato (quasi) nulla: la fase a gironi è stata superata con sei vittorie in altrettante partite, con tanti saluti a Liverpool, Basilea e Ludogorets. Agli ottavi, Ancelotti ha eliminato il connazionale Di Matteo, alla guida di uno Schalke 04 deciso a dar fastidio fino alla fine della doppia sfida. Il pass per i quarti se lo è preso il Real Madrid, ma gli applausi sono andati agli avversari. Dopo il 2-0 dell’andata, tutto pareva comodo in casa madrilena. E invece, i tedeschi hanno vinto 4-3 il ritorno, andando a sfiorare nel recupero il gol del clamoroso 5-3 che li avrebbe qualificati al turno successivo ed avrebbe estromesso i campioni in carica dal torneo. C’è voluta una parata di Casillas su Höwedes per salvare i bianchi da una figuraccia. Ad ogni modo, quello scricchiolio tra le mura amiche, ha rappresentato il momento più difficile dell’intera annata, con un pubblico che ha fischiato la squadra, e i giornali che non hanno perdonato una prestazione così scarsa.
Ai quarti, il Real ha vinto il derby contro l’Atletico Madrid, nel remake della finale dello scorso anno. E proprio come nella gara di Lisbona, anche questa volta la beffa ai danni di Simeone è arrivata in extremis. Nessuna rete nei 90’ del Vicente Calderón, nessuna rete nei primi 88’ minuti del Santiago Bernabéu. Quando sembrava scoccare l’ora dei supplementari, il guizzo di Chicharito Hernandez (schierato al posto dell’indisponibile Benzema) ha permesso al Real di prendersi partita e qualificazione. Se i Colchoneros riescono regolarmente ad imbrigliare le Merengues nei match domestici (vedi campionato, Supercoppa e Coppa di Spagna), in Europa la stracittadina ha sempre sorriso al Real, qualificato grazie alla vittoria sui cugini alla quinta semifinale nelle ultime sei edizioni.
E ora c’è la Juve, già affrontata in semifinale nel 2003, dove fu la squadra di Lippi a qualificarsi al termine di un doppio confronto tiratissimo, anche allora contro un Real Madrid campione in carica. Oggi la sfida appare ancor più proibitiva. Il Real è più abituato a queste sfide e nel suo undici ha elementi stellari, dal solito Cristiano Ronaldo all’imprendibile Gareth Bale, dal talentuoso Isco, premiato dal Guerin Sportivo con il Bravo 2013, al capitano Iker Casillas, portiere che negli ultimi tempi ha in realtà toppato più volte nelle partite che contano, ma che resta un numero 1 di livello assoluto. Fino ad arrivare ai volti nuovi della stagione, il colombiano James Rodríguez, stella del Mondiale della scorsa estate - costato 80 milioni di euro dal Monaco - e il tedesco Toni Kroos - pagato 25 milioni di euro dal Bayern Monaco. Cifre elevatissime spese per migliorare una macchina già perfetta. In realtà, il Real ha anche incassato molto, ricevendo 75 milioni di euro dal Manchester Utd per Ángel Di María, e 20 milioni di euro dalla Juventus per Álvaro Morata. Per una volta, non è stato un mercato “spendi&spandi” nonostante certi numeri da capogiro.
Giovanni Del Bianco