Non è che il Napoli sia cattivo e il Parma buono, bisogna dirlo anche dopo l'indifendibile comportamento di Higuain e compagni durante e al termine di una partita fra una squadra in lotta per la Champions League e un'altra già retrocessa oltre che legata a una società fallita. La sfortuna di De Laurentiis non è Platini presidente dell'UEFA (poi con calma il presidente del Napoli potrà spiegare perché sia utile al calcio europeo l'Europa League alzata dal Siviglia o dal Dnipro invece che dal Napoli), ma essere incappato in quella squadra su cento che non si adegua al cosiddetto calcio di fine stagione. Quello dove i bomber ultratrentenni, quelli che conoscono qualcuno in ogni squadra, segnano a raffica, dove gli obbiettivi di chi è in campo sono troppo diversi, dove diverse squadre trovano dannoso lottare per un'Europa di serie B e allora tirano i remi in barca, guadagnandoci anche in varie forme (giocatori venduti al doppio del valore di mercato, scommesse sicure, favori da utilizzare per situazioni extracalcistiche, eccetera). Insomma, l'ambiente del Napoli, dal direttore sportivo Bigon ai giocatori, ha perso la testa non tanto per l'impegno del Parma, ma perché l'impegno di 'questo' Parma è una rarità. Poi si può tranquillamente ricordare che a parità di (non) stipendi, perché chi è rimasto ha in pratica ma anche in teoria rinunciato a tre quarti dei propri crediti nei confronti del club, i giocatori di Donadoni hanno dato il massimo possibile contro tutti e hanno bloccato anche una diretta concorrente del Napoli come la Roma. Dovrebbe essere sempre così, perché sia l'ex c.t. della Nazionale che i vari Mirante e Palladino stanno giocando sì per l'onore, ma soprattutto per se stessi e il proprio futuro. Il problema è che la loro onestà è, non solo in serie A, piuttosto rara. Ma l'onestà non è ancora diventata una colpa.
Twitter @StefanoOlivari
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