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Hellas Verona, i trent’anni di uno scudetto irripetibile

Hellas Verona, i trent’anni di uno scudetto irripetibile

Redazione

12 maggio 2015

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Domenica 12 maggio 1985: l’Hellas Verona si laurea Campione d’Italia per la prima e unica volta della sua storia. Un risultato incredibile che a trent’anni di distanza fa ancora clamore. Dopo quell’incredibile successo, lo scudetto non è più andato in nessun’altra città che non fosse neppure capoluogo di regione. Promossi in Serie A nel 1982, gli scaligeri di Bagnoli - tecnico approdato al Verona nel 1981, con un palmarès che si limitava a una C2 vinta col Fano - non hanno accusato il salto nella massima serie e nelle prime due stagioni, dove era naturale attendersi un assestamento, si sono piazzati subito in alta classifica, lanciando la sfida alle grandi e arrivando quarti nel 1982-83 e sesti nel 1983-84. Ma è nell’estate del 1984 che il tecnico milanese si prepara a far saltare il banco. Nel calciomercato estivo, i veneti acquistano dal Kaiserslautern Hans Peter Briegel, terzino in cerca di rilancio dopo le delusioni di Euro ‘84, rassegna con più ombre che luci per la Germania Ovest, e dal Lokeren Preben Elkjaer Larsen, punta della sorpredente Danimarca agli stessi Europei, dove segnò anche due reti, prima si sbagliare il calcio di rigore che costò l’eliminazione agli scandinavi all’altezza delle semifinali. Un mercato certamente interessante, ma forse non tale da poter pensare così in grande, anche guardando come si è rafforzata la concorrenza. L’Inter ha appena preso Rummenigge, la Fiorentina Socrates, la Sampdoria Souness, ma meglio di tutti ha fatto il Napoli, su cui tutti puntano i riflettori, per l’acquisto di Diego Armando Maradona. I nuovi volti del calcio italiano rendono giustizia al soprannome di “campionato più bello del mondo”, che da tutte le parti del pianeta è approvato all’unanimità. E proprio contro Maradona, inizia la fantastica stagione dell’Hellas. Il 16 settembre 1984, il Verona sconfigge i campani per 3-1, macchiando l’esordio in Serie A del giocatore più forte del pianeta. È proprio del nuovo acquisto Briegel il primo gol stagionale. Al resto, penseranno Galderisi e Di Gennaro. Battuto il Napoli, ecco un altro 3-1, questa volta in trasferta, contro l’Ascoli: al Del Duca arriva il primo gol italiano di Elkjaer Larsen. E poi, un 1-0 all’Udinese per una partenza che vede gli scaligeri andare subito in fuga. Le tre sfide seguenti, tutte con le grandi, sono le ideali per vedere se quello del Verona è il solito fuoco delle piccole, che di tanto in tanto partono a spron battuto per mettere subito in cascina punti preziosi. I due 0-0 ottenuti in casa dell’Inter e della Roma, intervallati dalla grande vittoria per 2-0 contro la Juve Campione d’Italia fanno impennare le quotazioni dei veneti, che fanno capire di non aver voglia di scherzare. Fino all’inverno inoltrato, l’Hellas non sbaglia un colpo: 2-1 alla Fiorentina, 2-0 alla Cremonese, 0-0 con la Samp, 2-1 al Torino di Dossena, altra grande sorpresa stagionale, 0-0 col Milan, 1-0 in casa della Lazio. Il filotto di risultati mantiene stabilmente in vetta i gialloblù. Poi, un improvviso, ma anche giustificabile, appannamento: i pareggi con Como e Atalanta, e la prima sconfitta, ad Avellino all’ultima d’andata, in un Partenio innevato. Al giro di boa, il Verona arriva comunque con ventidue punti: un bottino sufficiente per essere Campione d’inverno. Il girone di ritorno comincia al San Paolo di Napoli, e l’undici di Bagnoli esce indenne da questa insidiosa trasferta, impattando 0-0. Un risultato che, per quanto positivo, costa l’aggancio da parte dell’Inter, brava ad approfittare di questi quattro turni senza vittorie dei rivali. A fine gennaio ricomincia la marcia veronese: Bagnoli mette in riga Ascoli e Udinese, andando a vincere al Friuli con un pirotecnico 5-3, nel quale i suoi dilapidano un vantaggio di tre reti, per poi rimettere il naso avanti una volta incassato il 3-3. Lo stop dell’Inter con un Avellino ancora in versione guastafeste rimanda in vetta il Verona, che da lì in poi non la lascerà più. L’accoppiata Inter-Juventus viene superata questa volta con due pareggi, salutati entrambi con piacere perché giunti in rimonta. Poi arrivano i successi di lusso con Roma e Fiorentina. I quattro punti presi in queste due gare fanno capire che il sogno può davvero diventare realtà. Il successo con la Cremonese alla ventitreesima giornata consolida il primato, lasciando un solco di cinque punti tra Verona e Inter. E il pareggio di Genova contro la Sampdoria permette di guadagnare altro terreno, visto il contemporaneo k.o. dell’Inter con l’Udinese. Sei punti di vantaggio con sei giornate da giocare. È l’allungo definitivo. La sconfitta interna col Torino e il pareggio col Milan fanno perdere un po’ di terreno, ma è ormai solo una dolce attesa verso il tricolore. L’1-0 con la Lazio e lo 0-0 con il Como anticipano la partita del 12 maggio con l’Atalanta, penultima giornata. Al Comunale di Bergamo, i padroni di casa segnano con Perico dopo un quarto d’ora, ma la voglia di scrivere la storia da parte dei ragazzi di Bagnoli è più forte della pur buona volontà dei bergamaschi, ormai salvi e privi di grandi motivazioni. Nella ripresa giunge il gol che vale il titolo da parte di Elkjaer Larsen, il giocatore più internazionale di una squadra che sta preparando i passaporti per la sua prima avventura in Coppa dei Campioni. La domenica dopo, in casa contro l’Avellino, il Bentegodi festeggia i suoi eroi. Un 4-2 che completa una stagione irripetibile, forse non solo per Verona, ma per il calcio di provincia in generale. Detto del percorso, non possiamo non citare i protagonisti: la rosa del Verona ‘84-85 è abbastanza ridotta (appena 17 giocatori utilizzati su una rosa complessiva di 18) e l’undici di partenza assume poche variazioni da giornata a giornata. In porta Claudio Garella, autore di una stagione perfetta, che lo porterà a chiudere imbattuto in ben sedici partite. Davanti a lui, la miglior difesa del campionato, con appena 19 gol subiti, composta da Mauro Ferroni e Silvano Fontolan in marcatura, il capitano Roberto Tricella come libero, Luciano Marangon come terzino. Il centrocampo è formato dal tuttofare Briegel (nove gol alla prima stagione di A: non male per uno che in Germania veniva visto come difensore puro), dal regista Antonio Di Gennaro, dal portatore d’acqua Domenico Volpati (spesso usato al posto di Ferroni, con Luciano Bruni posizionato allora a metà campo) e dall’estrosa ala Pietro Fanna, 27enne in stato di grazia e ai picchi massima della sua carriera. Una combinazione perfetta di ruoli e caratteri, perfettamente amalgamata da Bagnoli e concretizzata dal reparto d’attacco, dove la potenza di Elkjaer Larsen e l’agilità sgusciante di Galderisi hanno  fatto la differenza (8 reti il primo, 11 il secondo). Pronti a subentrare Franco Turchetta, Luigi Sacchetti, Dario Donà, Fabio Marangon, Sergio Spuri e il mai utilizzato Antonio Terraciano. Era giusto citarli tutti, in quella che è una delle più belle storie espresse dal nostro pallone, e non in anni di magra dove magari ci si sarebbe potuti inserire in un vuoto di potere, ma durante il suo periodo d’oro. Giovanni Del Bianco

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