Luca Toni rischia seriamente di diventare domenica prossima il più anziano capocannoniere della storia della serie A, a 38 anni. Al di là della retorica sul vecchio bomber che dà lezioni ai giovani che non sono mai all'altezza (ovviamente lo si diceva anche quando era giovane Toni, forse anche quando era giovane Piola), sarebbe un premio per l'impegno di un attaccante che nel corso del tempo è tecnicamente migliorato ma secondo molti sarebbe anche una cattiva notizia per il calcio italiano. Evitiamo considerazioni scontate sul calcio di fine stagione, quello che complici partite scontate gonfia molte statistiche (oltre alle tasche di parenti e amici di addetti ai lavori), e guardiamo l'attuale classifica marcatori, dove nei primi 15 (cioè gente che ha segnato finora 10 o più gol) c'è la bellezza di sei ultratrentenni: Tevez (31 anni), Di Natale (38), Quagliarella (32), Klose (37), Maccarone (36) e appunto Toni. Segno del declino? Vediamo. L'anno scorso nella classifica vinta da Immobile erano sempre 6 nei primi 15, quello prima (vincitore Cavani) sempre sei, nel 2011-12 (vincitore Ibrahimovic) addirittura nove, nel 2010-11 (vincitore Di Natale) sei, nel 2009-10 (Di Natale) cinque e fermiamoci qui per non andare alla preistoria. Cosa vogliamo dire? Che il livello medio della serie A sarà anche sceso, anzi sicuramente è sceso, ma che l'età dei bomber ne è un indicatore soltanto parziale. Stando ai giudizi degli allenatori, quindi non dei giornalisti o del bar, nel calcio moderno il declino di un attaccante che si mantiene in forma è paragonabile a quello di un portiere o di un centrocampista che usi il cervello. Lo provano le statistiche ma soprattutto il calciomercato, dove a parità di condizioni finanziarie l'usato più o meno sicuro viene preferito al nuovo. Anche perché il 'giovane' forte, da Icardi a Felipe Anderson, è difficilmente difendibile dagli assalti di chi ha i soldi veri. Non sarà una considerazione esaltante, in prospettiva, ma si vive e si gioca nel presente.
Twitter @StefanoOlivari