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Catania, l'inchiesta che cambierà il calcio italiano

Catania, l'inchiesta che cambierà il calcio italiano

Redazione

25 giugno 2015

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Il caso Catania è molto di più dell'ormai abituale calcioscommesse estivo, per tanti motivi. La vicenda, allo stato attuale, è nota: la polizia eseguito un ordine di custodia cautelare nei confronti del presidente del club siciliano Antonino Pulvirenti, dell'amministratore delegato Pablo Cosentino e del direttore sportivo Daniele Delli Carri, oltre che di quattro altre persone, fra le quali un agente di scommesse online. Arresti domiciliari per tutti, in attesa degli sviluppi, con il paradosso che gran parte dell'inchiesta è partita proprio da una denuncia di Pulvirenti, minacciato attraverso una lettera anonima contenente proiettili. L'accusa che ha portato all'operazione definita 'I treni del gol' (nelle intercettazioni alcuni personaggi coinvolti parlavano in codice definendo 'treni' i calciatori) è molto chiara: frode sportiva, perché alcune partite dell'appena terminato campionato di B il Catania le avrebbe, secondo l'accusa, comprate. Il procuratore di Catania Giovanni Salvi ha parlato di almeno cinque incontri truccati: Varese-Catania 0-3 del 2 aprile, Catania-Trapani 4-1 dell'11 aprile, Latina-Catania 1-2 del 19 aprile, Catania-Ternana 2-0 del 24 aprile e Catania-Livorno 1-1 del 2 maggio. Quattro vittorie e un pareggio per il Catania, che è così rimasto in serie B con una certa tranquillità. Al di là di altre partite chiacchierate (Catania-Avellino 1-0 del 29 marzo), è evidente che siamo in ogni caso ben al di là del classico calcio di fine stagione, quello dei taciti accordi e di tutto il bolso armamentario che osserviamo da decenni. Come indagati sono finiti nell'inchiesta il proprietario del Messina Pietro Lo Monaco (ex amministratore delegato del Catania di Pulvirenti, fra l'altro), l'amministratore delegato sempre del Messina Alessandro Failla e il direttore sportivo Fabrizio Ferrigno, più diversi giocatori (nessuno del Catania, il più famoso è Terlizzi). Il prezzo per ammorbidire gli avversari pare fosse di 10mila euro a giocatore, anche se va detto che non tutti i giocatori delle avversarie erano a conoscenza della cosa (come per le scommesse, bastano tre o quattro elementi scelti bene). Questa la sintesi estrema di una vicenda molto complessa, che ha punti di contatto con l'operazione Dirty Soccer (della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro) di maggio ed evoca un mondo già emerso con le inchieste di Cremona tuttora in essere e con molto altro da rivelare. Ma veniamo ai motivi per cui questa vicenda può sconvolgere il calcio italiano, anzi certamente lo sconvolgerà, più di tante altre indagini con grande rilievo mediatico. Primo motivo: nel caso Catania il calcioscommesse è una conseguenza dell'operazione principale, quasi un di più, non il 'core business' del traffico. L'accusa, perché sempre di accusa si tratta, è di avere comprato partite per meri motivi di classifica e nell'interesse della società, non di singoli suoi tesserati. Secondo motivo: non ci inerpichiamo in discorsi di giustizia penale, ma dal punto di vista sportivo il Catania è spacciato. Non vediamo come possa salvarsi da una retrocessione a tavolino o molto peggio. Dopo la scomparsa del Parma la serie B diventerebbe quindi a venti squadre, senza contare che potrebbero esserci poco simpatiche novità per il neopromosso Teramo (citato nell'inchiesta di Catanzaro). Non toccarla e lasciarla così, a venti squadre, è una tentazione fortissima, Tavecchio si trova servita su un piatto d'argento l'opportunità di fare una riforma che sarebbe rimasta un discorso da bar e che magari potrebbe dare una spinta anche alla riduzione della A da venti a diciotto squadre a partire dalla stagione 2017-2018. Terzo motivo: mezzo mondo del calcio era a conoscenza di questa situazione. Ipotesi supportata anche dai volumi di scommesse in relazione alle partite incriminate. Siamo insomma su un piano diverso rispetto singole partite aggiustate da 'sindacati', al punto che potrebbero saltare fuori i nomi di scommettitori eccellenti che con il 'tarocco' delle partite non c'entrano nulla ma che in quanto tesserati non potrebbero scommettere nemmeno su partite di campionati diverso dal loro (la regola esiste da quasi dieci anni). Quarto motivo: poche indagini come questa hanno messo in mostra la vera natura del calcio truccato, che non è quella di inventare risultati assurdi, ma di assicurare risultati probabili (e a maggior ragione quelli certi) traendo il massimo vantaggio da situazioni tipo Over o risultato primo tempo. Dispiace dirlo, ma le scommesse legali contribuiscono al fenomeno forse più di quelle illegali, perché se nel giocatore medio c'è qualche remora nel contattare mafiosi ce n'è di meno nel dire allo zio o al cugino di andare a giocare in contanti in dieci agenzie Snai diverse. Certo, troppi zii e troppi cugini alzano i volumi e fanno scattare l'allarme (come è stato). Quinto motivo, il grande non detto (anche dalla procura di Catania) che aleggia: non è che i dirigenti del Catania, vedendo andare male la squadra, si siano alzati un mattino e abbiano deciso di corrompere un campionato sano. È probabile che il sistema sia stato utilizzato da altri in questo e in altri campionati, non soltanto di serie B. E non c'è forse bisogno di ricordare che il Catania non è la periferia del calcio, ma un club che è retrocesso in B dopo otto anni (tutti con Pulvirenti, che aveva rilevato il club da Gaucci) consecutivi in serie A con ottimi allenatori , da Mihajlovic a Simeone, da Montella a Zenga, e tanti giocatori di livello lanciati. Conclusione? Come tutte le inchieste, anche questa per essere sostenuta mediaticamente avrà bisogno di nomi eccellenti (non dovrebbero mancare, parlando di semplici scommettitori), ma già allo stato attuale ha una sostanza tale da cambiare la struttura del calcio italiano. Twitter @StefanoOlivari

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