Quanto sta facendo Pep Guardiola al Bayern Monaco ci ricorda una volta di più che i grandi allenatori, ma anche quelli di livello più basso, si dividono in due grandi categorie mediatiche: quelli da risultato e quelli da progetto. La condanna dei primi è quella di vincere, nessuna considerazione sportiva o estetica li salverà nel caso non alzino trofei. La condanna dei secondi è quella di dover mostrare la propria mano, al limite anche di stupire, per alimentare il proprio mito. Guardiola fa chiaramente parte della seconda categoria e i dirigenti del Bayern ingaggiandolo nelll'estate 2013 dopo la Champions League vinta con Heynckes in panchina lo sapevano benissimo, anzi lo hanno preso proprio per questo motivo: svincolare l'immagine del club meglio gestito al mondo dalle vittorie, pur numerose e prestigiose, per proiettarlo in un'altra dimensione, quella di chi fa scuola. Come poche squadre nella storia del calcio, tipo il Barcellona di... Guardiola. Che in due stagioni al Bayern ha vinto due campionati tedeschi in grande scioltezza, una Coppa del Mondo per club, raggiunto due semifinali di Champions League, conquistato altre cosette ed in generale ha fatto vedere un ottimo calcio, a un ritmo più alto rispetto all'epoca precedente (soprattutto in Bundesliga, dove si giocava al passo) unito a mosse da fenomeno (tipo Lahm a centrocampo) e a quelle varianti tattiche (la difesa a tre, che ad alto livello europeo nessuno schiera) che fanno dire "Ecco, la mano di Guardiola". In questo 2015 però il guru catalano è andato oltre, decidendo di smantellare in maniera sistematica l'anima tedesca del Bayern in un'epoca in cui il calcio tedesco è ai suoi massimi per produzione di talenti. La cessione di Bastian Schweisteiger, al Bayern fin da quando aveva 14 anni, al Manchester United, è stato il primo colpo. Il sostanziale ostracismo nei confronti dell'eroe mondiale Mario Götze, di fatto invitato a trovarsi una sistemazione (che potrebbe essere la Juventus, ma tutto può accadere), il secondo. La freddezza con Ribery, ancora convalescente, che tedesco non è ma che di questa era dorata del Bayern è stato uno dei protagonisti. E in Germania scrivono che non sia un super-tifoso nemmeno di Thomas Müller... da quando Guardiola è arrivato sono partite colonne della Champions 2013 come Luiz Gustavo, Mandzukic, Kroos e anche lo stesso Mario Gomez, forse venduto al momento giusto ma comunque molto amato dai tifosi, senza che il club fosse finanziariamente con l'acqua alla gola, anzi. Di più: un litigio con lo stesso Guardiola ha portato alle dimissioni di Hans-Wilhelm Muller-Wohlfahrt, lo storico (dal 1977!) medico sociale e super-consigliere del Bayern, riferimento di atleti di tutto il mondo, da Bolt in giù. E quindi? Sfumato il sogno di guidare la nazionale brasiliana al Mondiale di casa, Guardiola ha investito molto sul Bayern perché vincere lasciando una traccia è molto più difficile che vincere e basta, ma anche i dirigenti del Bayern hanno investito molto su di lui consegnandogli di fatto la società e temendo una sua partenza verso il Manchester City. Molti allenatori da risultato invidiano Guardiola, qualcuno (indovinate chi) addirittura lo odia, ma lui forse invidia loro che devono soltanto vincere.
Twitter @StefanoOlivari