L'epica dei bomber di provincia perde all'improvviso uno dei suoi rappresentanti più genuini: Luigi Marulla, per tutti Gigi, se n'è andato ieri a 52 anni, dopo un malore dovuto a una congestione per aver bevuto una bibita troppo fredda.
Marulla era il Tamburino di Stilo (il comune della provincia di Reggio Calabria dov'era nato) ed è stato il simbolo, l'eterno capitano del Cosenza: 330 presenze e 91 reti, numeri record in entrambi i casi, per un totale di 11 stagioni con la maglia rossoblu. In mezzo l'avventura al Genoa (tre anni e qualche soddisfazione), quella all'Avellino e, ad inizio carriera, l'esperienza all'Acireale con il quale aveva mosso i primi passi nel calcio dei grandi.
Lupo tra i lupi, Marulla ha guidato il Cosenza con la fascia da capitano stretta al braccio e la maglia numero 9 tatuata sulle spalle: un mito che si è accresciuto a suon di gol e uno di questi è scolpito nel marmo della storia rossoblu. Era il 26 giugno 1991 e Cosenza e Salernitana si affrontavano in uno spareggio per non retrocedere in Serie C. Si giocava allo stadio Adriatico di Pescara e la Rai affidò addirittura a Bruno Pizzul la telecronaca diretta di quell'incontro: dopo una partita tirata, Gigi segnò il gol decisivo nel primo tempo supplementare, dopo uno scatto prodotto con chissà quali forze sotto un caldo tremendo. Cosenza in Serie B, Salernitana in ginocchio e tifosi rossoblu ad esaltare da lì e in eterno il loro bomber principe.
I gol e le giocate, certo, ma Marulla per Cosenza ed il Cosenza è stato molto di più: è diventato presto un re, in una città che difficilmente, come insegna persino la storia più antica, raramente ha apprezzato di essere sottomessa a qualche capo.
Persona genuina, non ha mai fatto un passo indietro quando si è trattato di dare una mano alla sua squadra, anche dopo il ritiro: allenatore in seconda, allenatore in Serie B, poi in Serie D, tecnico delle giovanili. Tutto svolto per amore di quei due colori che, oggi, vedono nel figlio Kevin un erede: non come calciatore, ma come appassionato team manager di una società che sta piano piano tornando a scrivere pagine felici nel libro di una storia che, recentemente, è stata avara di soddisfazioni.
Marulla resta il simbolo di un Cosenza allegro e gioioso, di quel calcio a cavallo tra anni '80 e '90 che era festa e partecipazione. Lo stadio San Vito (tifosi e non solo ipotizzano ora di rendergli omaggio intitolandogli l'impianto cosentino) era sempre pieno e lui guidava tutti quanti, compagni e tifosi. Per amore della maglia e della città ha rinunciato ad ingaggi prestigiosi in Serie A e in una delle tante interviste che ha rilasciato, ha affermato: “Rifarei tutto, non mi pento di nulla. Oggi il calcio è un lavoro, all'epoca era passione e Cosenza mi ha adottato, io mi sento cosentino”. E i cosentini si sono sentiti spesso tutti Marulla: i bambini giocando in qualche parco, i tifosi esultando dopo i suoi 91 gol.
Non arrivò mai a cento, ma lo fece simbolicamente nel giorno del centenario del Cosenza: sotto la Curva Sud scagliò in porta nove palloni, gonfiando quella rete piena di ricordi.
“Te lo ricordi Marulla, te lo ricordi Marulla” è un coro molto caro ai tifosi del Cosenza. Sì, Marulla se lo ricordano tutti e non lo dimenticheranno mai.
Edoardo Cozza
@edocozza