Cominciamo con la destituzione di "top player" dalla terminologia sportiva, in particolare quella calcistica. L'espressione, così in voga negli ultimi anni e francamente assai brutta oltreché abusata, è stata utilizzata anche per definire il prossimo acquisto della Roma, Edin Dzeko. Senza nulla togliere al centravanti bosniaco - che è sì un gran bel giocatore, ma ha vissuto la migliore annata a Wolfsburg ormai più di qualche anno fa - e stando ai canoni di oggi, con il beneplacito dei puristi della lingua, c'è da dire che l'"inglesizzazione" di fuoriclasse - è quello che vorrebbe dire, in parole povere e più dirette - non gli si addice. Questo, però, non toglie che il 10 del Manchester City possa in Italia cambiare gli equilibri di una squadra, in questo caso giallorossa. I "top player" giocano tutti in Europa e si contano sulle dita di una mano. Ma questo discorso è soltanto un pretesto per parlare di altro. Sappiamo tutti dell'importanza di Francesco Totti nella Roma. E conosciamo anche la lista dei numerosi attaccanti che hanno fallito, chi più chi meno, all'ombra del capitano. Dalle soluzioni tampone del dopo Batistuta, come Carew o Mido o Nonda, a quelle più interessanti come Vucinic - in verità con caratteristiche non da punta, ha infatti aiutato Totti nella conquista della Scarpa d'Oro - Toni, Borriello, Osvaldo o Destro.
Nessuno è riuscito a scalfire la manovella che regola la sua luce divina, che si palesa fiammante a tifosi della Roma e non anche sulla scia dei 39 anni. Basti pensare alle dieci reti della stagione uscente - unico in doppia cifra - che lo hanno elevato a miglior cannoniere. Sorvoliamo sull'acquisto di Doumbia, una quindicina di milioni, una quindicina di presenze, una quindicina di "vaff..." dalla curva. Con Dzeko sarà diverso. Si tratta della prima operazione veramente importante e oculata della dirigenza - parliamo solo di 9 veri - da un po' di tempo a questa parte. Si tratta di un attaccante ormai abituato a giocare a determinati livelli - in perenne lotta per il titolo con i Citizens e in Champions League - e che a 29 anni è nel pieno della maturità calcistica. Sulla carta non può e non deve fare panchina, sulla carta ha 20 gol stagionali, cosa che Totti - purtroppo - non può più garantire. Ma che il Pupone possa rimanere ai margini o andare anticipatamente in pensione è una falsità. Giocherà qualche minuto in meno, questo è innegabile, a meno che Garcia non rispolveri qualcosa di nuovo in modo tale da far coesistere i due, ma è poco probabile. Anche se, tralasciando per un attimo le logiche dell'utilità e del profitto e aprendo il cuore alla sensibilità che Totti ha regalato da più di 20 anni a questo sport e a questa maglia, la cosa più bella sarebbe vederlo sempre in campo. Ieri, oggi, domani.
@damorirne