I leggendari protagonisti del calcio italiano, quelli ricordati nelle enciclopedie, non sono stati tutti nelle grandi squadre metropolitane. E meno male, altrimenti, sai che noia ! Esiste un ricco sottobosco di figure poco reclamizzate ma vivissime ancora oggi.
Aurelio Scagnellato, detto Lello, fa parte a pieno titolo di questa categoria.
Nato nel piccolo paese bolzanino di Fortezza, classe 1930, figlio di ferroviere, cresce calcisticamente nella Libertas Padova. I passi successivi sono con Plateola e Luparense, arrivando alla Serie C. Fino a quel momento, aveva lavorato come carpentiere e vetraio. Nel 1951, il trasferimento che segna in modo indelebile la sua carriera: lo acquista il Padova, club che vivacchia in massima serie sempre in lotta per salvarsi. Arriva subito la B. La svolta per i biancoscudati arriva con l’approdo in panchina di Nereo Rocco, che riporta in A la squadra con capitano proprio Scagnellato. Il giocatore di Fortezza diventa uno dei difensori più temuti del massimo campionato, noto per la rudezza sull’avversario ed il carisma. Guida il reparto arretrato del Padova composto anche da Azzini, Blason e Moro, ribattezzato “I Panzer di Rocco”. Nella stagione 1957-58 la squadra raggiunge il miglior piazzamento della sua storia giungendo terza, consolidandosi negli anni seguenti a ridosso delle grandi. Scagnellato veste la casacca biancoscudata fino alla stagione 1963-64, issandosi in vetta alla graduatoria presenze del club con 364 gettoni, di cui 349 nelle sole gare di campionato. Purtroppo non ha mai avuto il privilegio di indossare la maglia azzurra. Né di esultare per un proprio gol. Nel dopo agonismo è rimasto a lavorare nel settore giovanile patavino, rivestendo poi anche il ruolo di direttore sportivo, segretario e dirigente accompagnatore della prima squadra. Malato da tempo, è mancato nella sua casa di Padova il 10 luglio 2008. Aurelio Scagnellato resta una leggenda del calcio italiano da ricordare, rimarcando come modestia e discrezione ne abbiano sempre contraddistinto l’esistenza, mai sotto i riflettori. Un capitano come quelli di una volta: con la fascia incollata al braccio da predestinato. Si narra fosse l’unico, in quel Padova mitico, capace di contenere il furore di un certo Nereo Rocco.
Fabio Ornano