La ghiacciaia del Vélodrome perde il suo condottiero, Marcelo
Bielsa ha rassegnato le proprie dimissioni da allenatore dell'
Olympique Marsiglia. L'annuncio dell'argentino è arrivato subito dopo la sconfitta interna contro il Caen, alla prima di campionato: «
Il mio lavoro qui è finito, me ne torno nel mio paese». Le ragioni le ha spiegate in una lettera indirizzata al presidente Labrune, scritta poco prima dell'inizio della partita e pubblicata poi sui principali siti transalpini. Per il rinnovo mancavano soltanto le firme, ma il Loco - dopo essere stato convocato in settimana dalla dirigenza - non ha gradito le modifiche al contratto che lo avrebbe legato fino al 2017, prendendo la decisione che ha lasciato di stucco i tifosi dell'OM e non solo. Nel calcio in fin dei conti vale solo il risultato, è vero. E Bielsa non verrà ricordato come uno dei più vincenti. Troppo scarno il suo palmares. Tre titoli in Argentina (due con il
Newell's, il club di Rosario gli intitolerà addirittura lo stadio, e uno con il Vélez) più l'oro olimpico di Atene 2004, la prima volta dell'Albiceleste che tra le proprie fila annoverava nomi come Mascherano e
Tevez. Ma se il pallone è anche un romanzo di formazione decorato da luminari con le loro sovrastrutture ideologiche allora non possiamo non ringraziarlo. La passione per il gioco, la minuzia del particolare, la perenne voglia di apprendimento. Se si vedesse senza tuta - so che non si può, ma proviamo a fare uno sforzo - sembrerebbe tutto tranne che un allenatore, con quel fisico tarchiatello e quell'espressione marmorea da accigliato. E, istruttore, lo è ugualmente sul divano di casa davanti alla TV. Non è neanche pensabile il fatto di guardare una partita per divertimento. Addirittura un giorno, racconta il fratello Rafael - ex ministro degli esteri in
Argentina -, pretese che gli si portassero 32 videocassette con diversi match del Milan soltanto per confutare le dichiarazioni dell'amico Jorge Valdano.
Il bielsismo, termine non ancora presente sul dizionario ma abbastanza futuribile, ha conquistato i nostri allenatori con una lectio magistralis tenuta lo scorso marzo a Coverciano. Fogli, schemi e video che polarizzano per un'ora e mezza l'attenzione dei presenti, anche di gente che, statistiche alla mano, ha vinto in carriera molto più di lui. Racconta di ogni, racconta dei proverbiali 28 moduli del calcio, né uno in più né uno in meno. Un professore seduto dalla parte dello studente, in costante aggiornamento, sempre pronto a migliorarsi. Chissà che sapore avrebbe avuto un'ipotetica panchina di
Serie A. Il Loco era arrivato a Marsiglia soltanto un anno fa, prendendo il posto di José Anigo dopo una discreta stagione conclusasi con il sesto posto e con un bel saluto alle chance europee. Il rapido conoscersi di inizio agosto - un pareggio e una sconfitta nelle prime due - lascia presto spazio alle otto vittorie consecutive, alle goleada, ai siparietti che in pochi clic diventano dei nuovi tormentoni del web, come quando prese a calci il bicchierino del caffè. Vederlo è un piacere, cercare di capirne le intenzioni e studiarne la mimica un'impresa. Loco sì, ma pur sempre fautore di un esaltante carisma che risveglierebbe dal torpore della monotonia anche il bagnino costretto a sorvegliare le acque calme e deserte della notte. E in questa direzione assume i connotati del capolavoro di vita, snodandosi dal mero significato calcistico, il
discorso che Bielsa tenne ai suoi ragazzi dopo il pareggio con il Lione: «
Accettate l'ingiustizia, perché tutto alla fine si equilibra».
@damorirne