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Lazio, Lotito non è da Champions

Lazio, Lotito non è da Champions

Redazione

28 agosto 2015

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Il rapporto fra Lazio e Champions League è sempre stato abbastanza tormentato, fin dai tempi della Coppa Campioni, quando nel 1974-75 alla squadra scudettata di Maestrelli e Chinaglia fu impedita la partecipazione per via degli incidenti della stagione precedente in Coppa UEFA durante la partita con l'Ipswich Town, ritorno dei sedicesimi di finale. Di quel sogno spezzato rimane soltanto una storica amichevole all'Olimpico contro il Bayern Monaco campione in carica, con un pubblico che si sarebbe rivisto in poche altre occasioni... Per vivere la competizione europea più prestigiosa il club biancoceleste avrebbe dovuto aspettare un quarto di secolo, la stagione del secondo scudetto, con Eriksson in panchina, ottenendo subito il miglior risultato della sua storia: quarti di finale, con eliminazione da parte del Valencia di Cuper. L'attualità dice che il Bayer Leverkusen ha giocato meglio e che è meritatamente passato alla fase a gruppi, con la squadra di Pioli che si farà andare bene l'Europa League. La domanda tutti i tifosi laziali fanno a Lotito, ma soprattutto che Lotito dovrebbe farsi da solo, è questa: non sarebbe convenuto fare qualche investimento pesante prima del playoff, invece che rimandarlo a dopo pensando di avere in mano i soldi di una stagione sul massimo palcoscenico? Né più né meno ciò che si chiedeva l'anno scorso a De Laurentiis... A meno che Lotito abbia fatto un calcolo piccolo piccolo: quest'anno, al contrario che in passato, le squadre eliminate ai playoff ricevono una sorta di indennizzo valutabile in almeno 12 milioni (dipende dal mercato televisivo di appartenenza) e passando il turno il beneficio finanziario televisivo minimo sarebbe stato di altri 12 milioni più gli incassi allo stadio e altro indotto, quindi realistici ulteriori 25 milioni anche senza poi accedere alla fase a eliminazione diretta. Cosa si può comprare oggi con 25 milioni di euro sul grande mercato internazionale? Nessuno che assicuri davvero la differenza. Lotito non ha fatto altro che applicare all'Europa il teorema che applica alla serie A, cioè che i giocatori di medio livello vanno pagati come quelli di livello più basso, visto che a fare la differenza sono in pochi. Meglio mettere 10 milioni su quattro Milinkovic che 45 su un Otamendi (al di là del fatto che il difensore argentino valga un quinto di quella cifra), insomma. Il punto è che tutte le volte in cui la Lazio di Lotito, ormai in sella da 11 anni, è arrivata alle soglie della Champions il suo presidente non ha voluto fare l'ultimo passo ed alla fine ci è riuscito soltanto una volta, con la squadra di Delio Rossi, in una particolarissima stagione che la qualificò direttamente con il terzo posto (altri tempi...) superando di un punto il Milan (che però aveva 8 punti di penalizzazione da Calciopoli contro i 3 della Lazio, senza contare che la Juventus era in serie B). Adesso non è che stiamo sostenendo che Lotito sia come Borlotti, il leggendario presidente della Longobarda (nel primo 'L'allenatore nel pallone') che ambiva a retrocedere per spendere meno, ma soltanto che pensa a far tornare i conti a prescindere, senza scommesse sul futuro legate ai risultati. Dopo tanti discorsi sul calcio sostenibile, i bilanci a posto, eccetera, criticare uno perché non fa il passo più lungo della gamba suona un po' strano. Poi è chiaro che parte del tifo profondo rimpianga Cragnotti e i suoi soldi finti, che però diventavano veri quando finivano sui conti correnti di Eriksson, Veron, Mihajlovic, Mancini, Nesta, Nedved, Marchegiani, Boksic, Stankovic, soltanto per citare chi c'era nell'anno dello scudetto. Conclusione? Con il medio cabotaggio e le scelte intelligenti la Lazio di Lotito ha ottenuto il massimo possibile in Italia. Per andare oltre una dimensione da provinciale ben gestita, con tutte le incognite ma anche le speranze del caso, deve di sicuro cambiare presidente. Twitter @StefanoOlivari

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