Nella vita possono accadere degli eventi particolari, potenzialmente sconvolgenti per chiunque: figurarsi per un bambino. Onore e rispetto per Sandro Mazzola, bandiera dell'Inter negli anni '60 e '70, che non solo è stato capace di diventare un calciatore di primissimo piano: ha raccolto con umiltà l'eredità di un padre importante, il favoloso Valentino, che avrebbe potuto schiacciarlo.
Alessandro Mazzola nasce a Torino l'8 novembre 1942, da Emilia Ranaldi e Valentino Mazzola. Quest'ultimo stava per affermarsi con la maglia del Grande Torino quale miglior giocatore italiano, capitano della leggendaria squadra granata. I genitori del piccolo Sandro si separano e lui va a vivere con il padre e la nuova compagna in Via Torricelli. Sono momenti felici, in cui Valentino e Sandro condividono tante passeggiate per la città, quasi sommersi da un affetto di cui ancora Sandrino non capisce il motivo. Quando papà muore nella tragedia di Superga, non ha ancora compiuto sette anni e deve sopportare un sofferto tira e molla per la sua custodia (e di quella del fratellino Ferruccio, anch'egli poi calciatore) che coinvolge la madre e la matrigna Giuseppina Cutrone. I fratellini Mazzola crescono con la passione per il calcio, presi in simpatia da tutti e soprattutto da Benito Lorenzi, leggenda dell'Inter ed amico del papà. Sandro diventa un attaccante dal fisico poco più che filiforme, ma straordinariamente dotato. Debutta nell'Inter nel famoso 9-1 inflitto dalla Juventus ai ragazzi nerazzurri del 10 giugno 1961. Tecnica di prim'ordine, piede destro educato, tiro a rete preciso e potente, movimenti rapidi. Sandro Mazzola dimostra in fretta di aver ereditato le stimmate del campione da papà Valentino. Soprattutto nei primi anni di carriera mantiene una media-gol importante nell'Inter, anche in azzurro: debutta nel 1963 e registra ben dieci reti nei primi tredici gettoni. In maglia nerazzurra è tra i grandi protagonisti dei trionfi euro-mondiali targati Moratti&Herrera. Viene reimpostato come mezzala, rivelandosi decisivo anche nel nuovo ruolo. Si afferma stabilmente tra i migliori giocatori del Vecchio Continente, coltivando quella ribalta internazionale mancata al padre: nel 1966, in Coppa dei Campioni contro il Vasas, realizza una rete spettacolare superando quattro avversari. Prende parte a tre Mondiali consecutivi dal 1966 al 1974, co-protagonista suo malgrado della famosa staffetta con Rivera alla Rimet 1970. Inoltre, si laurea campione europeo con gli azzurri nel 1968. Con l'Italia totalizza 70 presenze e 22 reti. Nel 1977 si ritira dal calcio giocato, con 565 gare e 160 gol in partite ufficiali con la casacca dell'Inter: nel suo palmares quattro scudetti (1963, 1965, 1966 e 1971), due Coppe dei Campioni (1964 e 1965) e due Coppe Intercontinentali (1964 e 1965). Nel 1971 giunge secondo dietro a Cruijff nella classifica del Pallone d'Oro. Appesi gli scarpini al chiodo intraprende l'attività dirigenziale nel club nerazzurro, nel Genoa e nel Torino. Parallelamente ai nuovi ruoli, si impone come apprezzato commentatore televisivo per Telemontecarlo e Rai: con entrambe ha la fortuna di presenziare da seconda voce alle telecronache dell'Italia iridata nel 1982 e 2006.
Fabio Ornano
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