Il record di gol nella nazionale inglese, 50 superando i 49 di Bobby Charlton, è un ottimo pretesto per celebrare Wayne Rooney al di là dei confronti con epoche troppo lontane e situazioni tattiche che fanno pensare quasi a sport diversi. Charlton nella storica nazionale di Alf Ramsey giocava da centrocampista centrale, dietro a Hunt e Hurst, in un 4-4-2 reso ancora più blindato dal fatto che l'altro centrale di centrocampo, il duro Stiles, giocasse davanti alla difesa, mentre nel miglior Manchester United di Busby il sacrificato Charlton era ancora più lontano dalla porta, stando dietro a tre giocatori offensivi come Aston, Kidd e ovviamente George Best. Per questo i tantissimi gol segnati in carriera hanno un peso specifico superiore a quelli di Rooney, che pur sacrificandosi e correndo come un matto è quasi sempre stato la prima o la seconda punta delle sue squadre.
Questo non toglie che nella storia del calcio inglese Rooney meriti un posto fra i primissimi, perché ha rappresentato un'idea di calcio e di vita davvero fuori dal suo tempo, il working class hero che non si vergogna delle sue origini (l'orgoglio di classe, prima ancora della marxiana coscienza, è il tratto distintivo del proletariato britannico) e che non cerca di sembrare diverso da come è: inevitabile il confronto con Beckham, che ha la stessa estrazione sociale ma è fin da subito diventato stella del jet set, o con l'idolo (Rooney ha più volte raccontato che si faceva chiamare 'Owen' nel calcio di strada, soprattutto dopo il gol all'Argentina del Mondiale 1998) Michael Owen, figlio di un calciatore e quindi in una condizione particolarissima, ben descritta da Gianluca Vialli e Gabriele Marcotti nel loro libro 'The Italian Job', dove si sostiene una tesi ben suffragata dalle storie personali dei professionisti: se in Italia il calcio è un fenomeno interclassista, sia a livello di tifo che di pratica, per l'Inghilterra il fenomeno vale soprattutto a livello di tifo. L'estrazione di quasi tutti i campioni è infatti popolare, gli unici che hanno avuto un'infanzia agiata sono i figli dei calciatori, dai Lampard ai... Charlton.
Per questo Rooney muove qualcosa di profondo anche in un'Inghilterra calcisticamente imbastardita dalla presenza di allenatori e giocatori continentali o extraeuropei, che ha cambiato tatticamente e psicologicamente anche i nativi. Un'Inghilterra che ama lui al pari della moglie Coleen (super-personaggio multimediale in UK, poco conosciuta da noi), vicina di casa di infanzia e perdonatrice seriale del marito. Purtroppo non rivedremo più quel calcio intenso fatto di sciabolate dalla tre quarti e di infiniti duelli fisici (fra l'altro in quel calcio Rooney avrebbe forse avuto un altro ruolo), ma uno spirito iper-britannico sarebbe il tonificante giusto per stadi-gioiello dove spesso gli spettatori sembrano finti e le partite meno interessanti di quelle di calcio virtuale delle agenzie di scommesse. Con questo non vogliamo dire che Rooney rappresenti l'Inghilterra da pub, come con parole più incisive aveva spiegato Eriksson una decina di anni fa al finto sceicco messo in campo dal News of the World (aaahhh, signora mia, i tabloid inglesi... noi invece parliamo della patente di Balotelli e nascondiamo le notizie vere) per estorcergli qualche pillola di verità. Da notare che l'ex c.t. inglese era un suo fervente ammiratore, al punto di farlo esordire in nazionale da minorenne. È soltanto che Rooney è molto inglese e in mezzo a novecento operazioni con al centro sconosciuti, fatte soltanto per incassare commissioni, una faccia che sembri familiare (a un inglese) scalda il cuore.
Se poi vogliamo parlare di storia, Rooney si può senza dubbio mettere nella top ten inglese di tutti tempi, dove in maniera discutibile (escludendo gente come Greaves, Finney, Hurst...) inseriremmo, facendo un misto fra valore sportivo e importanza storico-mediatica: Bobby Charlton, Stanley Matthews, Kevin Keegan, Bobby Moore, Peter Shilton, David Beckham, Billy Wright, Dixie Dean e Paul Gascoigne. In questo girone il quasi trentenne Rooney, eroe della vecchia (stavamo per scrivere 'vera') Inghilterra, ha piena cittadinanza.
Twitter @StefanoOlivari