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C’era una volta il Liverpool, landlord del calcio europeo e simbolo di un’epoca d’oro per il football d’oltremanica. Era il Liverpool di Bob Paisley e Bill Shankly, Kenny Dalglish e Ian Rush. Una squadra capace di inanellare trionfi in serie, issandosi in vetta al calcio britannico se consideriamo la ricchezza del palmares. Il tutto in un teatro con pochi eguali al mondo, Anfield Road, perfetta cornice per quel concentrato d’arte calcistica. Quel Liverpool, però, non c’è più. È caduto in un sonno profondo nella primavera del ’90, sonno dal quale non si è più risvegliato. Sono passati più di 25 anni, un’era geologica per chi faceva della vittoria una prassi assodata. Stagioni in cui si sono avvicendati cicli e progetti ambiziosi, tutti volti a risvegliare la bella addormentata del calcio inglese, in un clima che ondeggia tra la rassegnazione e l’esasperazione. Anche Anfield, salotto moderno e affascinante, non incute più il timore reverenziale di un tempo, inghiottito dal torpore generale ma sempre in attesa di eruttare. Se gli dei del calcio ti hanno voltato le spalle è inutile avere in squadra Steve McManaman e Robbie Fowler, Fernando Torres e Luis Suarez. Steven Gerrard, il tuo figlio prediletto, sacrificherà invano la sua carriera pur di vincere l’agognata Premier League: sarà beffato da uno scivolone che sintetizza al meglio la maledizione che aleggia nella valle del Mersey. Un solo fulmine ha risvegliato i cuori reds in questi anni, quella Champions League datata 2005, sublimazione della follia calcistica di questa squadra, incapace, però, di dare il via ad un ciclo vincente. Il sussulto di un orgoglio che si rifiuta di abdicare, nonostante a poco più di 50 km, un signore scozzese (che vanta il titolo di sir) abbia conquistato l’egemonia del calcio britannico con i rivali del Manchester United. Dopo l’esonero di Brendan Rodgers spetterà ad un tedesco, all’apparenza burbero ma dai modi affabili, il compito di risvegliare Liverpool e il Liverpool. Sarà Jurgen Klopp a caricarsi sulle spalle i sogni e le ambizioni dei cuori reds sparsi nel mondo. Un'odissea calcistica all’orizzonte, perché, riprendendo le parole di Bill Shankly: “Alcuni credono che il calcio sia una questione di vita o di morte. Sono molto deluso da questo atteggiamento. Vi posso assicurare che è molto, molto più importante di quello”.
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