«Quando ero alla guida del club, ho ricevuto tantissime proposte dai nerazzurri per Messi». A parlare è Joan Laporta, presidente del Barcellona dal 2003 al 2010. «L'Inter - ha dichiarato a Rmc Sport - era una delle tante squadre che volevano pagare l'intera clausola rescissoria». Riuscireste a immaginare il primo allenamento della Pulce alla Pinetina?
Il ragazzotto arriva a Milano nell'estate del 2003, stravolto dalla grande ondata di caldo. Il termometro segna 40 e più gradi centigradi. Sbarca a Linate e non a Malpensa, ad accoglierlo non c'è nessun tifoso, lui si rifugia nella sua timidezza e dagli auricolari del nuovo lettore MP3 sopraggiungono alte le note del tormentone del momento, "Obsesión (No es amor)" degli Aventura, anche se in Italia il singolo non è ancora uscito. Si aggrega sin da subito alla Primavera, divide la camera con gente più matura, Riccardo Meggiorini e Isah Eliakwu. Lo sbarbatello Messi sembra felice: «Sto imparando molto - le sue parole al Guerin Sportivo -, sono felice di poter stare qui e giocarmi le mie carte in una rosa così competitiva». Comincia il campionato e tutti si accorgono del suo talento, a fine anno il suo nome figura nella lista dei migliori giovani stilata dall'importante rivista spagnola Don Balón. Poco tempo dopo è in prima squadra, è il 2005 e a volerlo a tutti i costi è il presidente Moratti. Il feeling con Roberto Mancini si rivela ottimo. L'allenatore sa di avere tra le mani un predestinato. In poco tempo l'argentino riesce a conquistare un posto stabile tra i titolari e le copertine di tutti i giornali, aiutato anche dal nuovo look. È un'icona di stile, la sua cresta lascia ampio spazio alle imitazioni. Barbara d'Urso coglie al volo l'occasione e lo accoglie nel suo salotto, lanciando un servizio esclusivo sulla prima fidanzatina ai tempi di Rosario. Al CT Pekerman si deve il debutto nella Nazionale maggiore, che avviene ad agosto in occasione di un'amichevole contro l'Ungheria. Non va benissimo, riceve il rosso dopo appena quarantatre secondi dall'ingresso in campo per una gomitata al difensore avversario. Poco importa, perché nel giro di due-tre stagioni Messi comincia a guardare tutti dall'alto. Il 2007 è l'anno dei primo riconoscimenti individuali, capocannoniere di Serie A (27 reti, una in più di Totti) e Scarpa d'Oro. Laporta è su tutte le furie, l'unico desiderio è quello di ricondurlo all'ovile. Moratti non ci sta e il fuoriclasse - sì, nel frattempo lo è diventato - è blindato con una clasuola da 150 milioni di euro. Lui vuole rimanere a Milano, la città che gli ha dato praticamente tutto, ma a una condizione: diventare il nuovo capitano dell'Inter. La sua richiesta sbatte però contro i piani della società, che non intende privare Zanetti della fascia che indossa con orgoglio dal '98. Nel 2008 inizia il ciclo di José Mourinho. Sotto la sapiente guida dello Special One, la Pulce gioca ai massimi livelli storici. «Se Cristiano Ronaldo è il migliore del mondo, Messi è il migliore dell'universo» esclama il portoghese durante una conferenza stampa europea. Le triplette ormai non si contano più, c'è anche qualche poker. Il primo Pallone d'Oro, l'intervista di Maria de Filippi sul palco dell'Ariston, la liaison con Larissa Riquelme, modella e scatenatissima tifosa paraguaiana, incontrata sulle passerelle dell'ultima Fashion Week. La scoperta della Champions è datata 22 maggio 2010, a Madrid. Messi e Milito insieme, che piacere per gli occhi. È il calciatore più pagato in A, ma l'addio di Mourinho e l'insistenza del Barcellona lo conducono in Catalogna. 150 milioni a Moratti, 13 a stagione al giocatore, che firma un triennale. Termina dopo sette, straordinari, anni l'esperienza di Leo Messi all'Inter, che ancora oggi ne conserva il ricordo in una sala a lui dedicata con appese le foto dell'epopea, dalla prima insieme a Meggiorini all'ultima trionfante con la coppa in mano.
@damorirne