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L'Inter di Mancini, fisico e pagelle bestiali

L'Inter di Mancini, fisico e pagelle bestiali

Redazione

2 novembre 2015

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Come tanti ex giocatori di talento poi diventati allenatori, Roberto Mancini è un grandissimo e forse esagerato cultore dell'atletismo nel calcio. Sarà per le tante botte prese, in un'epoca in cui l'intimidazione era la regola (al Mondiale '90 la svolta arbitrale, quando Mancini già da 10 anni giocava in serie A). Anche la sua seconda vita interista è all'insegna di una rosa forte fisicamente, con una classe media da far crescere nel tempo in attesa che ci siano i soldi e le opportunità, per ingaggiare fenomeni. Essere in testa alla classifica dopo 11 giornate è un suo grande merito, perché la rosa a sua disposizione non è quella con la qualità media più alta e anche la partita di sabato lo ha dimostrato al di là di scelte azzeccate come D'Ambrosio e Nagatomo, o l'esclusione di Icardi. Non temete, non intendiamo parlare di calcio anche se per pura insicurezza ci siamo autocostretti a guardare per la seconda volta Inter-Roma dopo averla vista dal vivo ed avere letto ed ascoltato mille commenti. In sostanza a San Siro avevamo visto una squadra creare una decina di occasioni da gol, rischiando pochissimo (due volte soltanto) e avendo tante soluzioni diverse: dalla sponda cercata con la prima punta al raddoppio sulle fasce passando per una pericolosità costante sui calci piazzati. Soltanto che questa squadra era la Roma, il che accresce i meriti dell'Inter e di Mancini, che con un 4-5-1 da battaglia hanno dato il 100%, ma anche i demeriti di chi guarda il calcio e per una volta non ci riferiamo soltanto ai vituperati giornalisti. Anche se è capitato di leggere differenze anche di 2 punti nelle pagelle alle due squadre. L'unica colpa di Garcia è stata quella di prendersela con Szczesny nel dopopartita, un atteggiamento un po' piccolo... Ma dicevamo dell'Inter, che non vincerà lo scudetto vero ma ne potrebbe vincere due di una certa importanza: la qualificazione alla Champions, imprescindibile non tanto per ripianare il rosso di bilancio (è un falso mito, come più volte dimostrato) quanto per essere appetibile fra un anno quando si arriverà alla resa dei conti fra Thohir e Moratti, ma soprattutto il rapporto con un pubblico che non aveva capito le strategie (anche perché non ce n'erano) post-Triplete. Poi a posteriori, classifica alla mano, i pochi gol fatti diventano 'concretezza' e i pochi subiti diventano 'muro difensivo' (ma Miranda e Murillo hanno giocato insieme meno di metà delle partite). Questo non toglie che Mancini, che a livello teorico sa di calcio come Guardiola ma anche come un qualunque allenatore di LegaPro, ha confermato di avere la caratteristica che differenzia gli allenatori bravi dagli altri: è credibile nei confronti dei giocatori e del mondo esterno, dà sempre la sensazione che anche quando fa schifo la sua squadra remi nella stessa direzione. Non è poco. È per questo che lui, gli Allegri, i Conte, eccetera, hanno fatto bene in contesti molto diversi e loro ex compagni squadra siano invece in studio a commentarli. Poi magari tutti quelli che fanno la fila per dargli contratti milionari sono stupidi e chi è a casa intelligente, diciamo che è possibile ma non probabile. Twitter @StefanoOlivari 

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