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Spieghiamo il calcio a Benitez

Spieghiamo il calcio a Benitez

Redazione

23 novembre 2015

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Il quattro a zero con cui il Barcellona ha umiliato il Real Madrid al Bernabeu non è certo il primo risultato clamoroso nel Clasico, ma lo troviamo a suo modo storico perché segna la fine della breve era Benitez (anche se magari l'esonero arriverà a fine stagione) e soprattutto perché mai in maniera così mediatizzata (si tratta pur sempre delle due squadre più importanti del mondo) la competenza di dirigenti, giornalisti e tifosi è stata così pesantemente messa in ridicolo. Dallo stesso Benitez, che ha messo in campo la formazione che tutti, ma proprio tutti, gli chiedevano, escludendo Casemiro e schierando i quattro tenori a dispetto del loro stato di forma: Benzema lento e con la testa alla vicenda Valbuena, James da improbabile operaio, Bale fuori posizione e spocchioso senza motivo, più Cristiano Ronaldo. Inutile analizzare una partita che hanno visto tutti, ma proprio tutti, non superfluo sottolineare una volta di più che gli allenatori non sono pazzi autolesionisti ma persone che per motivi di carattere e ambientali funzionano bene in un contesto e male in un altro. Questo gli allenatori. I non allenatori, come Zidane (che probabilmente sostituirà Benitez, terminata l'esperienza nel Castilla), oppure gli Inzaghi o i Ferrara della situazione, di solito non funzionano e basta. Ma è questione di leadership, di durezza mentale, di capacità di comunicare, di sensibilità, non certo di conoscenza della materia. Tornando agli allenatori, nemmeno il più livoroso critico musicale pensa di poter dirigere un'orchestra meglio di Muti, anche se magari stronca certe sue direzioni, mentre il giornalista, l'impiegato, il pizzaiolo, il medio commentatore di Twitter (e purtroppo anche il palazzinaro, come nel caso di Perez), sono convinti di saper guidare il Real Madrid meglio di un allenatore, discutibile finché si vuole ma con trent'anni di carriera (iniziata proprio al Real, nelle giovanili) alle spalle. Capello, Pellegrini, Mourinho, Ancelotti, eccetera: tutti cani. A dirla tutta, richiamare Ancelotti in caso di esonero di Benitez sarebbe un atto di intelligenza. In ogni caso una minoranza illuminata, la stessa che al Bernabeu ha chiesto le dimissioni di Perez, ancora esiste. 2. Si pensava che Blatter stesse facendo di tutto per ostacolare la corsa di Platini alla sua successione, invece è riuscito a fare anche di peggio. Sta riuscendo direttamente a farlo fuori, senza che si possa presentare il 26 febbraio a Zurigo e nemmeno alle successive elezioni, quando magari l'adesso quasi ottantenne Blatter già risiederà stabilmente nell'altro mondo. Il sedicente comitato etico della FIFA, lo stesso che secretò il rapporto Garcia diventato poi base del lavoro dell'FBI, non si è infatti limitato a sospendere Blatter e Platini (ricordiamo che a Blatter non gliene potrebbe importare di meno, lui non si è ricandidato e vuole governare tramite un pupazzo), ma li ha rinviati a giudizio senza però ufficializzare né i capi d'accusa né le richieste dei pubblici ministeri. Potrebbe esserci quindi una pena di qualche anno di squalifica, ma anche in linea teorica la radiazione per entrambi. Tutto incerto, l'importante è far passare tre mesi. Non stiamo dicendo che Platini sia innocente, ma che non gli si è data la possibilità di difendersi e che lo si vuole in maniera dichiarata togliere di mezzo. In tutto questo è incredibile che l'Europa, o meglio ancora i paesi trainanti del calcio europeo e quindi mondiale (c'è anche il nostro), assista passivamente a questo golpe che, al di là della politica sportiva che ai tifosi non interessa, avrà affetti molto concreti sul calcio giocato, al cui confronto il delinquenziale Mondiale qatariota in dicembre sarà uno scherzo. Il calcio rischia insomma di essere l'unico settore dell'economia mondiale in cui i ricchi sono governati dai poveri. Con il detto 'poveri ma onesti' che qui non ha cittadinanza. 3. A proposito di FIFA, come tutti sanno la chiave del potere non è tanto comprarsi i voti con pagamenti in nero, magari in contanti nella classica 'ventiquattr'ore', ma farlo in maniera formalmente legale, attraverso contributi per iniziative formative e culturali. Accade così nella politica vera ma anche nel calcio, con la gran parte delle 209 federazioni che non soltanto incassa i contributi FIFA ma nemmeno si sente in dovere di giustificarne l'utilizzo. Secondo l'inchiesta di  Transparency International, una ONG fondata che si occupa di corruzione da oltre venti anni pubblicando un discusso indice, soltanto 14 (quattordici!) federazioni su 209 hanno almeno fatto la fatica di spiegare come stati spesi i contributi della federazione internazionale. La bella notizia è che fra questi 14 paesi c'è l'Italia di Tavecchio, insieme a Inghilterra, Portogallo, Giappone, Canada, Danimarca, Ungheria, Islanda, Lettonia, Nuova Zelanda, Irlanda del Nord, Norvegia, Irlanda e Svezia. Non la Germania (sede fra l'altro di Transparency Internationl, che lì è stata fondata), non la Svizzera, non gli Stati Uniti. Parliamo di cifre che per l'Italia non sono enormi (pochi milioni di euro, nemmeno ci si paga lo stipendio di Conte) ma che per la maggior parte delle altre realtà sono tutto. Da notare che almeno 170 federazioni non hanno un bilancio credibile, al di là di corruzione e malversazioni. Twitter @StefanoOlivari

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