A Lorenzo Insigne spetta il dovere di ricordare la giornata di ieri coma una delle più positive, sotto il profilo sportivo e umano. Non esiste in natura maggiore soddisfazione nel rispondere agli ormai monotoni e sempre beceri cori inneggianti al Vesuvio con la gioia di giocare a pallone, con il traguardo del gol e dell'assist. Il "figlio di p..." - citazione che prendiamo in prestito da parte della tifoseria dell'Hellas - reagisce contro chi non sa nemmeno cosa voglia dire la parola rivalità con un gesto genuino, il bacio della maglia. Tutto questo arriva poco dopo il silenzio riservato all'esecuzione della Marsigliese, il che rende ancora più grave l'episodio. Non pensavamo di poter assistere a una tale linearità di pensiero, di ragionamento e logica. Non è un episodio isolato, non è il primo né sarà l'ultimo. Già lo scorso anno, oltre Insigne - l'obiettivo più sensibile perché simbolo della napoletanità - venne preso di mira Rafa Benitez, apostrofato dal Bentegodi come 'ciccione' per buona parte del match. Evidentemente l'ambito calcistico sta stretto, soprattutto quando difettano qualità e argomentazioni robuste per lasciarsi andare a un attacco simpatico, da racchiudere nella sfera del politicamente corretto. Come facciamo a professarci tutti francesi, a pregare per i fratelli di Parigi se tocca ancora fare i conti con insulsi rituali preistorici? Qualcuno ha fallito, di sicuro non l'avvenente chioma della città di Napoli.
Un meritatissimo applauso va a Maurizio Sarri per il coraggio di tenere in campo Insigne, che fino al momento del gol aveva preso in prestito le sembianze di un vagabondo in villeggiatura. L'unica pecca dell'allenatore - chiamiamola così, in realtà è solo una provocazione - riguarda il volersi a tutti i costi nascondere dalla lotta scudetto. Parlarne non è prematuro se giochi il miglior calcio d'Italia o se hai trasformato la difesa in un bunker, rendendola - a differenza del predecessore - un reparto apprezzabile. Zero reti subite nelle ultime cinque di campionato, addirittura due nelle ultime dieci. Vero è che i trofei si vincono con l'organizzazione della squadra e con l'abilità del tecnico nel ponderare le differenti caratteristiche dei propri ragazzi, ma il Napoli ha un'arma in più che fa gola a tutti perché nessuno la possiede: si chiama Higuain e di mestiere non fa l'attaccante, fa il fuoriclasse. Aggiungiamo anche un pizzico di fortuna nella sfortuna, cioè il non esaltante inizio di stagione di Valdifiori - in ritardo di condizione - che ha permesso di ripescare il gioco elementare (ma funzionale) di Jorginho che, ironia della sorte, proprio a Verona aveva fatto vedere le cose migliori. Fatto fuori troppo presto da Benitez e rinato con Sarri. Ieri l'ennesima prova d'autore, dei 196 (!) palloni toccati ben 181 sono andati a buon fine.
@damorirne