La conquista dei tre punti non è l'unico dovere della Juventus di Massimiliano Allegri. Stasera, nella quinta di Champions contro il City, serve anche altro. Non le si chiede una sfilata in pieno stile catalano - impensabile per chiunque -, ma per lo meno una proiezione di un'idea di gioco tangibile, che latita - a dispetto degli ultimi risultati utili - da un bel po'. O forse sarebbe meglio dire dallo scorso anno, con qualche sporadica eccezione nella stagione in corso come accaduto in occasione della rimonta sul Bologna, che ha visto non a caso il debutto in campionato del fragilissimo Khedira.
Far bene avendo davanti Aguero, Yaya Touré o De Bruyne significherebbe spingere sull'acceleratore della fiducia, compiere un ulteriore passo in avanti e maturare quella consapevolezza che può portare undici individualità a formare un gruppo (sotto il profilo del gioco), senza dare adito ai leziosismi dei singoli, che magari riescono a risolvere la partita - provocando sorrisi nel breve termine - ma non la stagione. Un discorso che può andare a genio se visto in ottica campionato, dove l'interesse primario - almeno per il momento - è quello di rosicchiare più punti possibili prima della sosta di Natale a chi si trova in vetta, ma non in Champions perché l'Europa è quel torneo che alla fine dei conti premia - al di là di alcuni episodi fortunosi - il collettivo. Vedi l'ultimo Barcellona, il Real Madrid di Ancelotti (uno dei migliori, se non il migliore nel gestire le tante prime donne a disposizione) o le quasi vittorie di Atletico e Borussia, fantastiche realtà di quella teoria secondo la quale l'uno è parte del disegno complessivo, senza mai sovrastarlo.
L'assenza di Hernanes - ci dispiace dirlo - non è che un incentivo a quello che si sta tentando di far passare. Mai d'aiuto, perennemente spaesato e neanche una volta decisivo sul suo pezzo forte, il calcio piazzato. Altrettanto sbattere ancora la testa sul modulo e sugli uomini da utilizzare a poche ore da un impegno così importante, anche se vogliamo credere che in realtà Allegri un'idea chiara ce l'abbia. Se la perplessità riguarda il fatto di far giocare uno tra Mandzukic e Dybala, sorvolando sul cambio di abito, è bene che si riconosca il lavoro svolto nelle ultime giornate. Oltre a ritenere l'argentino uno degli uomini più in forma - già questo non dovrebbe lasciare molto spazio a una sua presunta titolarità -, bisogna porre l'accento - e qui ritorniamo all'ossatura della motivazione - sulla capacità dell'ex palermitano nel liberare dal nulla una soluzione miracolosa, circostanza che lo distanzia nettamente dal compagno di reparto.
@damorirne