Zinedine Zidane allenatore del Real Madrid è una grande scommessa di Florentino Perez, ma non più azzardata rispetto a quelle di altri ex grandi calciatori rivelatisi subito tecnici vincenti senza bisogno della famosa gavetta, quella che si invoca sempre per gli altri. Il paragone più scontato è quello con il Guardiola del 2008, che nel suo curriculum aveva soltanto un anno (peraltro ottimo, con promozione dalla Tercera alla Segunda Division) nel Barcellona B, come del resto il francese ce l'ha alla guida del Castilla, già Real Madrid B, in Segunda Division. I casi di fallimento sono ovviamente molto più numerosi di quelli di successo, ma questo non toglie che Zidane sia rispettato dal 100% dei tifosi e dei giocatori del Real Madrid, quindi partirà senz'altro con un bonus maggiore rispetto a un Benitez che voleva dimostrare troppe cose e che ha pagato più l'atteggiamento dei risultati: quattro punti di distanza dall'Atletico Madrid capolista, a nemmeno metà Liga, più un ottavo di Champions League non proibitivo da giocarsi con la Roma non sono certo risultati da esonero di un allenatore con contratto triennale (con il trucco, perché liberandosene prima di metà gennaio Perez dovrà corrispondere a Benitez soltanto un anno del dovuto).
Insomma, visto che il carisma e la capacità di guidare 25 professionisti non sono dati da un patentino, nemmeno Zidane può sapere oggi quale sarà il suo impatto emotivo su Cristiano Ronaldo o su personaggi quest'anno molto meno 'centrati' come Benzema e Bale, il primo anche per il caso Valbuena e il secondo per infortuni muscolari e una certa presunzione che gli ha fatto venire il trip del rifinitore (ma Benitez nelle ultime partite lo aveva riportato stabilmente sulla destra). La certezza è che si tratta di una soluzione di ripiego, sia rispetto ad Ancelotti (ideale in questo tipo di ambienti, infatti i giocatori lo rimpiangono tutti) che al Mourinho contattato al volo da Perez dopo la fine della sua seconda vita al Chelsea, per non parlare di Del Bosque che ha già annunciato l'addio alla Spagna dopo Euro 2016: e questo può pesare senz'altro più di considerazioni tattiche. C'è un limite anche alla tuttologia e non abbiamo mai visto partite del Castilla di Zidane, però abbiamo letto le formazioni schierate in questo campionato di Segunda, riguardanti la squadra dove stanno maturando tanti talenti a partire da Odegaard e dal figlio maggiore di Zizou, il quasi ventunenne Enzo: di base Zidane preferisce il 4-2-3-1, con un centravanti vero (Mariano Diaz) su cui appoggiare la manovra e tre giocatori molto offensivi in grado di scambiarsi le posizioni.
In pratica lo stesso schema che Benitez ha cercato di imporre a inizio stagione, con risultati anche buoni, prima di virare a ottobre sul 4-3-3 e di entrare in confusione con altri cambiamenti dettati da infortuni, imposizioni presidenziali e uno spogliatoio ingestibile per un tipo abbastanza rigido come lui. Conclusione? Più dei numeri alla lavagna peseranno il carisma e la capacità di comunicare: di carisma Zidane ne ha in abbondanza, quindi le perplessità sono tutte per la sua timidezza e per le sue storiche difficoltà nei rapporti interpersonali. Ma a un compagno di squadra meno bravo di lui poteva sempre parlare con i piedi.
Twitter @StefanoOlivari