Si è concluso il girone di andata del campionato di serie A 2015-16 con il Napoli campione d’Inverno, come non gli accadeva dai tempi del suo ultimo scudetto. Che sia di buon auspicio? In questo caso sono leciti gli scongiuri da parte dei tifosi partenopei ma sembrano sussistere molte condizione affinchè questo avvenga nell’imminente futuro.
Primo fra tutti, il motivo principale di una possibile affermazione partenopea per lo scudetto è il bel gioco messo in mostra per lunghi tratti del torneo dai ragazzi di Sarri. L’ex tecnico dell’Empoli, accolto con parecchio scetticismo ma reduce da un sfavillante campionato in Toscana, ha presto smentito tutti, dopo il normale periodo di apprendistato. Il Napoli ha perso terreno sull’Inter solo due mesi fa ma la frenata dei nerazzurri e la conseguente ripresa degli azzurri, li aveva proiettati nuovamente in alto, fino al sorpasso giunto in extremis.
La stessa Inter però, a ragion veduta, può rappresentare una sorpresa, nel senso che non era pronosticata proprio come candidata principale al titolo. Non sempre le performance degli uomini di Mancini sono state entusiasmanti sul piano del gioco, ma i risultati arrivavano in serie e la difesa pareva irreprensibile. Non si spiega poi molto la doppia caduta consecutiva casalinga, contro Lazio e Sassuolo.
Ciò ha facilitato la lunga rincorsa dei detentori del titolo. La Juventus, attesa a un torneo interlocutorio, come sembrava testimoniare il complicato inizio di stagione, ha invece trovato gli ingranaggi giusti, risultando nuovamente vincente, oltre che rinnovata, spinta all’astro nascente di Dybala, uno degli uomini simbolo del campionato, assieme al “mostro” Higuain, capace di siglare ben 18 reti a metà campionato.
La Fiorentina, a lungo col fiato sul collo delle capolista, appare più debole negli interpreti (specie quando gli sono venuti a mancare i big della squadra Ilicic, Kalinic o Bernardeschi) e forse ancora troppo acerba a questi livelli. In fondo, eccezion fatta per la splendida affermazione a San Siro contro l’Inter, ha sempre fatto flop negli appuntamenti importanti, quando era chiamata al salto di qualità. Rimane comunque una delle rivelazioni del torneo, nonché una delle compagini che propongono un bel calcio, merito certamente anche dell’esordiente tecnico in serie A Paulo Sousa.
Chi ha deluso invece, senza se e senza ma, sono le due romane e il Milan.
Sulla Roma era lecito attendersi un campionato di vertice, sia per la qualità oggettiva dell’organico, sia per carenze altrui. I giallorossi però hanno inanellato una serie di prestazioni negative, sul piano della qualità del gioco come in quella dei risultati, rimanendo irrimediabilmente attardata in classifica. La Lazio ha alternato buone prestazioni, sulla falsariga dell’ottima passata stagione, ad altre disarmanti. Anche il Milan viaggia in un mare di problemi, con una società non più in grado di imporsi sul mercato, nonostante i tanti milioni (mal) spesi. Squadra spesso senza né capo, né coda, in cui anche il tecnico Mihajlovic, un po’ come accaduto a Garcia alla Roma, sembra in balia della situazione e incapace di trovare una dimensione tecnico/tattica alla rosa messagli a disposizione.
Le vere rivelazioni della serie A sono Sassuolo ed Empoli. Gli emiliani, al terzo anno di A sono ormai una certezza, in grado di infilare risultati clamorosi in serie, di non sfigurare contro le (presunti) grandi e di competere sul mercato. Possono puntare all’Europa League e nessuno griderebbe allo scandalo, considerando la bontà dell’organico di Di Francesco.
Chi ha davvero stupito è l’Empoli del neo-tecnico Giampaolo, che sembrava ormai perso per il grande calcio. Invece, redivivo più che mai, sta facendo persino meglio del suo predecessore Sarri (che innegabilmente gli ha lasciato in dote una buona eredità), avendo di fatto già salvato la squadra dalla serie B. Oltretutto lo ha fatto dopo aver perso molti pezzi pregiati in estate (Valdifiori, Hysaj, Vecino, Rugani, Sepe), sostituendoli con giocatori giovani e sicure promesse come il trio di centrocampo Zielinski-Paredes–Buchel o il portiere Skorupski, potendo però contare sull’eterno Maccarone, sulle fragorose conferme di gente come Tonelli, Laurini e Pucciarelli e sulla piena affermazione dei futuri uomini mercato Mario Rui e Saponara, la stella della squadra.
Hanno alternato a prestazioni superbe, gagliarde, positive, altre scialbe, deludenti e talvolta incomprensibili, squadre come le due genovesi e il Torino, attese a un campionato più che tranquillo, dopo aver navigato in zona Europa per tutta la stagione scorsa.
La Sampdoria, precocemente eliminata in coppa, ha saputo rialzarsi in fretta, ottenendo nella prima parte di stagione una serie di ottime prestazioni, condite da valanghe di gol, compensate però da fragilità difensive dettate da mancanza di equilibrio tattico. Zenga, mai entrato in sintonia con l’ambiente, è stato esonerato e il suo successore Montella solo sul finale ha dato segni di poter risollevare la squadra, imperniandola soprattutto sul marcatore Eder e su un Cassano forse mai così maturo. Il Torino aveva iniziato con gran piglio, per poi squagliarsi a tre quarti del cammino. Il Genoa a tratti è parsa sin troppo allo sbando per essere vera, e distratta forse in alcuni suoi uomini dalle ricorrenti voci di mercato, finendo pericolosamente appena sopra la zona retrocessione.
Atalanta, Udinese, Chievo, Bologna e Palermo stanno disputando un torneo più che sufficiente, se vogliamo persino da 7, nonostante non siano proprio continue a livello di risultati. La salvezza appare comunque molto alla portata.
Rimangono le due “cenerentole” annunciate, Carpi e Frosinone, effettivamente da sempre nella zona calda della classifica, con i ciociari in grado però di alzare la testa per vedere cosa ci sta sopra e di disputare delle buonissime partite, specie tra le mura amiche. Troppi però i gol presi. Il Carpi ha un gioco forse meno propositivo ma è dura a morire e ha costretto più volte avversari più quotati tecnicamente a sudare per averne la meglio. Tuttavia, non possiamo darle per spacciate, visto che con le unghie e con i denti, sono a stretto giro di posta dal quartultimo posto.
Chi non ha proprio attenuanti è il fanalino di coda Hellas Verona, cui nemmeno il sofferto cambio in panchina, con l’avvicendamento tra lo storico allenatore Mandorlini (che aveva riportato la squadra in serie A, prendendola in terza serie) e l’esperto Delneri, ha portato la sospirata svolta. Otto punti sono davvero pochissimi, un record negativo che difficilmente potrà essere sopperito da un buon girone di ritorno.
Gianni Gardon
giannivillegas.wordpress.com