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Pescara e la faccia di Zeman

Pescara e la faccia di Zeman

Redazione

17 febbraio 2017

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Per quasi mezzo campionato sulla panchina del Pescara, mettendo la sua faccia su una retrocessione sicura, Zdenek Zeman guadagnerà meno di un tronista chiamato all'Isola dei Famosi. Certo, con Sebastiani c'è un accordo anche per l'anno prossimo sulla base di mezzo milione di euro, ma quarant'anni di storia insegnano che l'allenatore boemo dai contratti quasi sempre annuali ha spesso lasciato di sua volontà anche situazioni comode, come tutto sommato è questa di Pescara, dove la tifoseria lo considera alla stregua di una divinità. Non soltanto per la stagione 2011-12, in cui conquistò la serie A lanciando Immobile, Insigne e Verratti, e nemmeno per il 4-3-3 che con i giocatori giusti sanno praticare tutti i tecnici professionisti del pianeta, ma per l'immagine di pulizia che da sempre accompagna Zeman. Immagine che manda letteralmente fuori di testa i teorizzatori del 'vincere è l'unica cosa che conta', che albergano in alcune tifoserie e anche nello stesso Pescara: diversamente Oddo non sarebbe stato linciato, dopo avere fatto il possibile con una rosa dalla cilindrata da B. Zeman è un allenatore superato? Non ci sembra: a volte ha fallito (fra le varie esperienze negative le peggiori, in proporzione al valore della rosa, quella con il Napoli e quella del ritorno alla Roma), ma adesso che ha quasi 70 anni è reduce da una stagione quasi miracolosa con una squadra modesta come il Lugano. Lui per primo è consapevole di essere da quasi vent'anni più un'icona che un allenatore, dai tempi di quella intervista all'Espresso in cui considerazioni generiche ("Il calcio deve uscire dalle farmacie"), riguardanti molte squadre (infatti le inchieste coinvolsero mezza serie A), dal punto di vista mediatico lo trasformarono in accusatore della Juventus. Con tutto quel che ne consegue in termini di metro di giudizio di giornalisti e addetti ai lavori tenenti famiglia. Questo non toglie che la quantità di giovani presi dal nulla e lanciati nel grandi calcio sia impressionante e che quasi tutti quelli che hanno lavorato con lui lo rimpiangano. Intanto i suoi allenamenti al Poggio degli Ulivi adesso avranno più spettatori di quelli delle prime dieci squadre della classifica, qualcosa vorrà dire. Non è un santo e non può resuscitare i morti come il Pescara attuale, ma non si deve vergognare della sua faccia. Èd è per questo che la sua storia non è ancora finita.

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