Quella compiuta dal Leicester City contro il Siviglia, qualificandosi per i quarti di finale di Champions League, è senza dubbio un'impresa dal punto di vista sportivo, in parte di Claudio Ranieri anche se adesso al suo posto c'è Shakespeare. Ma non merita e non meritava la narrazione del genere 'squadretta che si fa largo nel calcio dei miliardari', per varie ragioni. La principale è che nella scorsa stagione il Leicester City è stata la ventesima squadra europea per fatturato, incassando 148 milioni di euro. In pratica un quarto del Manchester United, che alla Champions League nemmeno si è qualificato ma di più, per dire, del Napoli e poco meno dell'Inter che in serie A era arrivata quarta. Insomma, non stiamo parlando dell'Entella anche se a leggere certi pezzi sembrerebbe di sì. Merito del titolo vinto da Ranieri? In parte, perché nella stagione precedente i ricavi erano comunque stati più che dignitosi, sui 120 milioni di euro, grazie alla distribuzione dei proventi televisivi della Premier League (la più 'comunista' d'Europa, non avendo fra i suoi criteri il bacino di utenza) che rende certe realtà mediaticamente medio-basse in proporzione più appetibili delle grandi storiche che sono obbligate a vincere. Il Leicester City è di sicuro bene amministrato e non è un caso che il suo pur pirotecnico calciomercato post-titolo sia stato in rosso di soltanto una ventina di milioni, visti i soldi incassati dal Chelsea per Kanté. E quindi? La Premier League dietro ai grandi marchi sta facendo crescere tante realtà che ormai si possono tranquillamente confrontare ai grandi club tradizionali di altre nazioni, senza far gridare al miracolo. Se poi vogliamo dirla tutta, l'area urbana di Leicester ha circa 510.000 abitanti (330.000 il comune propriamente detto) e facciamo quindi fatica a parlare di paesello. Essere ai vertici in Inghilterra è più difficile che esserlo in Europa.