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La Panchina d'Oro è un premio relativamente recente, riferito soltanto all'Italia esiste dalla stagione 1993-94 (vinse Capello), mentre nella versione attuale, cioè con la divisione fra A e B, l'albo d'oro parte dal 2006-07 (vinse Prandelli). Però gli allenatori ci tengono molto, non fosse altro che perché a votare sono i loro colleghi. Maurizio Sarri è da poco stato premiato per la stagione 2015-16, battendo di poco (25 voti a 22) un Allegri che il premio lo ha vinto sia al Cagliari sia alla Juventus: bravo lui ma bravo anche il Napoli che lo ha portato a questo premio, al di là della narrazione del genere 'maestro di calcio'. Sì, perché il Sarri di Empoli pur sapendone come il Sarri attuale non avrebbe mai vinto il premio: in altre parole, gli allenatori pur sapendo di calcio più di noi del bar tendono a votare proprio come quelli del bar, privilegiando i colleghi delle squadre più famose e quasi mai quelli delle squadre da lotta per non retrocedere. In 23 anni di Panchina d'Oro tre soli intrusi, Alberto Cavasin con il Lecce 1999-2000, Gigi Delneri con il Chievo 2001-2002 e Allegri con il Cagliari 2008-09 (parlando di squadre che a inizio stagione erano considerate da fondo classifica, poi il Chievo addirittura sfiorò la Champions League), per il resto allenatori di medie realtà autrici di buone stagioni (Zaccheroni-Udinese o Prandelli-Fiorentina, per dire) e soprattutto tecnici di squadre attrezzate per lo scudetto, da Lippi a Conte, passando per Capello e Mourinho. Insomma, i premi giornalistici spesso fanno ridere ma anche gli addetti ai lavori più preparati spesso vanno sul già visto e già sentito, sui nomi di cui già tutti parlano. Di Francesco, non certo uno di nicchia, ha avuto soltanto 7 preferenze nonostante abbia portato il Sassuolo in Europa: vale un terzo di Sarri e Allegri, in proporzione al materiale umano allenato?
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