Adesso che il Milan è ufficialmente di Yonghong Li e dei suoi finanziatori, il numero di club di serie A di proprietà, o con una maggioranza di controllo, straniera sale a 5: ai rossoneri vanno infatti aggiunti l'Inter di Zhang Jindong ed Erick Thohir, la Roma di James Pallotta, Thomas DiBenedetto e soci, il Bologna di Joey Saputo e ancora per poche settimane il Palermo di Paul Baccaglini e del fondo di investimento che gli sta dietro. Insomma, il 25% sul totale ma anche 3 grandi su 5: ognuno può avere la sua risposta. Per dare un termine di paragone prendiamo la lega più globale di tutte, la Premier League a cui tutto il mondo guarda al di là del suo valore sportivo in senso stretto: lì si fa prima a contare le proprietà a maggioranza britannica. Burnley, Middlesbrough, Stoke City, West Ham ed un'unica grande, il Tottenham di Joe Lewis e Daniel Levy. Il 25% anche in Premier League, quindi, ma di britannici. Un po' meglio va in Championship con 13 proprietari britannici su 24 (fra le altre 11 squadre c'è il Leeds di Cellino), ma la vera curiosità riguarda i cinesi. In Premier League quasi non esistono, soltanto il West Bromwich Albion ha un proprietario cinese (Guochuan Lai), e con tutto il male che si può dire della serie A non è che in Asia il WBA sia più conosciuto di Inter e Milan. In Championship hanno invece tre club: Aston Villa, Birmingham City e Wolverhampton. E quindi? Il futuro sembra purtroppo essere quello della Premier League, anche se Arsene Wenger, allenatore francese dell'Arsenal di proprietà americana e russa, con gli inglesi in squadra che quasi non esistono, ancora pochi giorni fa ripeteva che il cuore di una squadra inglese debba essere inglese. Ma cos'è esattamente il cuore?