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La Corea di Spartaco Landini

La Corea di Spartaco Landini

Redazione

18 aprile 2017

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Spartaco Landini, da poco scomparso all'età di 73 anni, è stato un ottimo dirigente del calcio italiano e anche un buon difensore in varie squadre: troppo giovane per farsi spazio come titolare fra i vari Burgnich, Guarneri e Facchetti, oltre che onestamente meno bravo di loro, ma comunque uno che della Grande Inter ha fatto parte. Non è un caso che Edmondo Fabbri lo avesse convocato per il Mondiale del 1966, nonostante la scarsa stima che aveva per la squadra di Herrera. E la sua unica presenza in quel Mondiale fu il 19 luglio 1966 in quella che è ricordata come la madre di tutte le sconfitte azzurre, anche se in realtà l'Italia mondiale ha scritto pagine più vergognose, come la mancata qualificazione a Svezia 1958 o il cammino a Sudafrica 2010. Da ricordare che in quella partita di Middlesbrough contro la Corea del Nord nella difesa azzurra erano in campo anche Guarneri e Facchetti, anche se i problemi non furono in difesa ma nel giocare in dieci più di metà partita per l'infortunio di Bulgarelli (l'unica vera colpa di Fabbri fu di averlo rischiato in condizioni precarie, dopo l'infortunio con il Cile e la sofferenza con l'URSS) contro una squadra atleticamente assatanata e ben preparata (nessuno era un dilettante come vuole la leggenda, a partire da Pak Doo Ik, mentre quasi tutti erano atleti di Stato) al di là della scarsa vena di Mazzola (mentre Rivera giocò una delle sue partite di maggior sacrificio in carriera) e degli errori clamorosi di Perani. Una squadra che ai quarti di finale quasi avrebbe buttato fuori il Portogallo di Eusebio. Landini, che aveva esordito in azzurro un mese prima in un'amichevole con l'Austria, giocò una buonissima partita risultando il miglior azzurro insieme a Rivera, e non chiuse lì la sua carriera in Nazionale: sarebbe stato convocato dalla strana, e infatti durata poco, coppia Valcareggi-Herrera per una partita di qualificazioni europee contro la Romania. E poi basta. Ma nella storia eterna del Mondiale c'è anche lui, che da dirigente avrebbe fatto bene in contesti molto diversi, ma soprattutto nel bellissimo Genoa dei primi anni Novanta.

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