La vittoria del Manchester United in Europa League ha trasformato la stagione della squadra di José Mourinho da appena sufficiente a quasi buona, in proporzione ai mezzi finanziari: visto che i giocatori dell'Ajax sono costati in totale (!) una cifra inferiore alle commissioni pagate da Juventus e United per l'operazione Pogba. A riprova che il fair play finanziario UEFA alla fine non fa altro che perpetuare il dominio di chi è già forte ed ha milioni di tifosi in tutto il mondo: non ci pare che in fondo alla Champions League siano arrivate Sparta Praga e Basilea, ma forse ci sbagliamo.
Questo non toglie che Mourinho da 15 anni, da quando con il Porto vinse la Coppa UEFA 2002-2003, sia uno dei migliori allenatori del mondo: un periodo lunghissimo, per i parametri moderni, quasi assurdo pensando a come i 'santoni' si brucino molto più velocemente dei distributori di maglie. Va detto che il Mourinho pacificato con il mondo e in un certo senso 'condiviso' di questa stagione a Manchester, ma anche della sua seconda vita al Chelsea, ha perso un po' della rabbia del vecchio Mourinho: non che nel 2017 manchino avversari o 'nemici', ma avere 54 anni è di sicuro diverso dall'averne 39. È lui il primo a sapere che Community Shield, coppa di Lega, Europa League e qualificazione alla Champions sono un punto di partenza, quando in tutti gli altri club del mondo lo sarebbero di arrivo, quindi è sicuro che questa estate nasca davvero il suo Manchester United intorno a Paul Pogba, nella finale di Stoccolma molto più coinvolto emotivamente rispetto al Pogba di almeno mezza stagione di Premier League.
Tatticamente l'allenatore portoghese ha iniziato la stagione con l'amato 4-2-3-1, con Pogba e Fellaini a centrocampo e Rooney dietro Ibrahimovic (viene in mente la prima delle sfide con il City di Guardiola), per poi da inizio 2017 cercare un miglioramento della manovra nel modo più semplice: togliendo un difensore e aggiungendo un centrocampista. Tattica che a volte ha pagato (in campionato battuto il Chelsea di Conte) ma che non è nel cuore del portoghese. L'infortunio di Ibrahimovic gli ha dato la spinta per aggrapparsi alle sue certezze, con variazioni sul tema come il 4-3-3 compattissimo che era anche il marchio del suo primo Chelsea che aveva in attacco Duff, Drogba e Robben e che si è visto contro l'Ajax. Schiavi come siamo delle dichiarazioni da titolo, ci dimentichiamo troppo spesso di osservare come giocano la sue squadre. Che hanno una costante: hanno giocatori che remano nella stessa direzione, anche soggetti in altri contesti ritenuti difficili. Se Ibrahimovic, uno con un ego doppio rispetto a Cristiano Ronaldo e Messi presi insieme, da zoppo si mette a fare il tifoso a bordocampo questo significa che ancora oggi Mourinho sa entrare nel cuore di chi lavora con lui e di chi tifa per la sua squadra del momento. Sono cose che non si possono né insegnare né imparare.