Francesco Totti ha dato l'addio al calcio giocato, in maniera al tempo stesso mediatica e sincera. Il saluto del campione in occasione di Roma-Genoa è avvenuto in una partita non soltanto ufficiale, ma anche decisiva per le sorti della stessa Roma e del Napoli. Perché essere o non essere (il playoff significa ancora 'non essere') in Champions League fa come minimo 30 milioni di euro di differenza, per non parlare dell'indotto e dello status necessario per attrarre un certo tipo di giocatori. Una partita vitale, quindi, in cui Spalletti è stato dalle circostanze costretto a far giocare Totti 36 minuti: per trovargli un minutaggio superiore in questo campionato bisogna risalire al... 25 settembre (Torino-Roma). Tutto è bene quel che finisce bene, come si dice.
Una situazione quanto meno strana, quando qualsiasi amichevole organizzata per l'addio di Totti, anche a Ferragosto contro una squadra di dopolavoristi, avrebbe riempito l'Olimpico. La memoria è tornata a un altro addio romanista emozionante, quello a Bruno Conti avvenuto il 23 maggio del 1991, un giovedì. Olimpico strapieno e grandissima commozione per un campione amatissimo dal popolo giallorosso ma anche nel resto d'Italia, forse perché era un'Italia diversa ma anche perché Conti era stato uno degli eroi del Mondiale 1982, che ebbe un impatto sulla cultura popolare italiana nemmeno paragonabile a quello del 2006. Piccolo particolare: l'Olimpico era stato strapieno anche il giorno prima, per il ritorno della finale di Coppa UEFA Roma-Inter (vittoria giallorossa con gol di Rizzitelli, ma coppa alla squadra di Trapattoni).
A 24 ore di distanza si giocò quindi questa amichevole fra la Roma dello scudetto 1982-83 e una selezione di sudamericani, molti con un presente in Italia: Aldair, Gerson, João Paulo, Dunga, Silas. Tanto spettacolo, tanta commozione, tanta gente. Chierico, Di Bartolomei, Falcão, Prohaska, Pruzzo, Iorio, Tancredi, Nela, Maldera, Valigi, Nappi e altri che di sicuro ci dimentichiamo. In panchina Liedholm e Bearzot. A inizio partita Prohaska mise la palla in fallo laterale, Conti andò verso Flora Viola (il grande presidente Dino era morto qualche mese prima) e le regalò la maglia. Alla fine invece arrivò il momento della Curva Sud, comunque già salutata prima: fra fumogeni e una confusione indescrivibile Conti non riuscì a fare grandi discorsi e forse nemmeno aveva in programma di farne. Si inginocchiò, in segno di ringraziamento verso i suoi tifosi e verso la vita. Con questo non vogliamo dire che una volta fosse tutto meglio, magari era soltanto organizzato peggio.