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Il trascinatore del Napoli in Champions League, grande escluso di Ventura nello spareggio con la Svezia, è uno di quei giocatori che in certi contesti tattici sembrano fenomeni e in altri un po' meno
Lorenzo Insigne è la nuova certezza assoluta del calcio italiano, nel senso che il ‘Metti Insigne’ pronunciato da De Rossi a San Siro nella memoria storica degli appassionati diventerà la sicurezza che con Insigne in campo il muro svedese sarebbe stato sfondato e adesso l’Italia sarebbe ai Mondiali. Certo è che dopo partite come quella con lo Shakhtar viene da chiedersi come mai l’attaccante del Napoli non sia mai stato davvero considerato un punto fermo della Nazionale nonostante sia nel giro giusto fin dai tempi di Prandelli, che lo portò anche al Mondiale brasiliano, facendolo giocare nella sfortunata partita contro il Costarica, causa dell’eliminazione azzurra al primo turno più di quella successiva con l’Uruguay. Nella testa di Prandelli era una buona alternativa, un ragazzo di grande talento ma che sapeva stare al suo posto.
Adesso il tiro a Ventura è facile, ma va detto che nemmeno il rimpianto condottiero Conte ha mai avuto un grande trasporto per Insigne: per un anno e mezzo non lo ha mai utilizzato, in parte a causa di un grave infortunio, recuperandolo poco prima dell’Europeo in Francia e inserendolo dalla panchina. Anche in quel caso Insigne non ha fatto polemiche (del resto è riuscito ad accettare anche lo stato confusionale del Ventura degli ultimi due mesi) ed ha sfruttato bene, con qualità, i minuti che Conte gli ha concesso nelle partite senza domani con Spagna e Germania. Con l’ultimo c.t. dopo un anno di tira e molla, fra infortuni e scarso entusiasmo di entrambi, è diventato titolare, per rimanerlo, soltanto sei mesi fa in occasione della partita con il Liechtenstein. Senza quasi mai entusiasmare, comunque. Tutto questo fino all’inspiegabile e troppo spiegato quarto d’ora (con indicazioni tattiche approssimative da parte di Ventura) in 180’ con la Svezia.
Per caratteristiche tecniche, e nonostante la solita retorica sulla fantasia che va lasciata libera le sue caratteristiche sono molto precise, Insigne piace soprattutto agli allenatori da 4-3-3: quindi non a Prandelli, non a Conte e nemmeno a Ventura che di moduli in carriera ne ha cambiati tanti e il 4-3-3 lo ha sempre messo all’ultimo posto. Fin troppo facile ricordare che gli allenatori più da Insigne nella carriera di Insigne siano stati Zeman, che letteralmente lo inventò a Foggia e a Pescara, e Sarri. Mentre con Mazzarri e Benitez (ma in questo caso anche per la rottura del crociato) le cose hanno funzionato meno. Considerazioni che non tolgono nulla al valore del giocatore, solo per dire che non stiamo parlando di un Messi che una confraternita di allenatori cattivi ha voluto ostracizzare ma di un ottimo giocatore che in certi contesti funziona e in altri no.
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