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L'anno d'oro di Bruno Pace

L'anno d'oro di Bruno Pace

L'allenatore appena scomparso ebbe la sua stagione migliore nel Catanzaro 1981-82, quello di Bivi, Mauro e Sabato, che andò a un passo dalla zona UEFA prima di sfasciarsi...

8 febbraio 2018

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Non ha mai avuto una vera grande occasione, Bruno Pace. Non l’ha avuta da centrocampista di discreto talento e non l’ha avuta da allenatore che per anni è stato considerato emergente, prima che i treni passassero e gli rimanessero soltanto gli accelerati di provincia. Nella memoria degli appassionati di calcio l’allenatore pescarese rimarrà soprattutto come guida del Catanzaro 1981-82, squadra che conquistò un settimo posto che a tutt’oggi rimane il miglior piazzamento di una squadra calabrese nel calcio che conta.

Pace era arrivato dal Modena, dove aveva fatto molto bene, prendendo il posto di Burgnich e soprattutto dovendo gestire il dolore popolare per la cessione di Palanca al Napoli. Il mercato del direttore sportivo Spartaco Landini fu coerente con le scarse possibilità finanziarie: in entrata Santarini dalla Roma, Cascione e Celestini dal Napoli, Edi Bivi dalla Mestrina e Palese dal Mantova, in uscita oltre all’idolo Palanca anche Chimenti (Avellino) e Orazi (Udinese), solo per citare le operazioni maggiori. La squadra che aveva in testa l’allora trentottenne Pace prevedeva Zaninelli in porta, in difesa Santarini, Menichini, Santarini e Ranieri (esattamente il futuro allenatore Claudio), a centrocampo Boscolo, Braglia e Antonio Sabato, come tornante (allora si diceva così) il futuro opinionista di Sky Massimo Mauro, in attacco Borghi e De Giorgis. Fra i panchinari un portiere di culto come Mattolini e un ventunenne attaccante appena arrivato dalla Mestrina, in C2, Edi Bivi.

Sulla carta occorrevano rinforzi in attacco e la società rimediò a modo suo: l’unica carta disponibile per lo straniero se la giocò infatti per Viorel Nastase, ventinovenne rumeno accompagnato alla porta dal Monaco 1860 dove aveva fatto coppia con Rudi Völler ma che in Bundesliga qualche gol l’aveva comunque fatto. Il problema di Nastase, se di problema si può parlare, era la vita notturna, e si pensò che un esperto della materia come Pace (soprattutto negli anni bolognesi) potesse trovare le parole giuste per farlo funzionare. La fidanzata tedesca con la quale Nastase si era presentato in Calabria salutò tutti dopo pochi giorni e quindi la vita notturna riprese, ma questo non impedì al Catanzaro di inventarsi una stagione storica, segnata da vittorie di prestigio su Milan e Torino, da prestazioni onorevoli con Roma e Inter, dal lancio del ventenne Mauro, di Sabato e anche di Bivi, secondo marcatore della serie A dietro a Pruzzo (12 gol contro 15, statistiche di un’epoca in cui fare l’attaccante era da temerari), da una brillante Coppa Italia perdendo in semifinale dall’Inter di Bersellini. Unica nota negative per Pace la rottura umana e tecnica con Ranieri.

Dopo un grande inizio, quasi da zona UEFA, il Catanzaro già salvo si rilassò e anche il suo allenatore iniziò a pensare al futuro. Il problema è che all’ultima giornata la squadra del presidente Merlo doveva ospitare la Juventus, a pari merito con la Fiorentina nella lotta per lo scudetto. Il livello delle due squadre in campo in un Militare strapieno (30.000 spettatori) era ben diverso, così come le motivazioni. La Juventus dominò il gioco ma combinando poco fino a un quarto d’ora dalla fine, quando Celestini respinse di mano sulla linea di porta un tiro di Fanna. Pieri di Genova assegnò il rigore e la metà stadio pro Catanzaro, già inferocita per un rigore non concesso nel primo tempo per fallo di Brio su Borghi, si mise a lanciare di tutto. In mezzo a una tensione incredibile Liam Brady, alla fine della sua carriera in bianconero visto che erano già stati comprati Platini e Boniek, segnò il rigore del ventesimo scudetto (Fiorentina bloccata sullo 0-0 a Cagliari) prima di pronunciare la storica frase "La classe non è acqua". Quella che doveva essere la festa di Pace e del Catanzaro si trasformò in una corrida: ci sarebbe stato da recuperare molto tempo, ma Pieri addirittura fischiò la fine un minuto e 8 secondi prima della fine dei 90' regolamentari.

Da quella festa mancata in poi sarebbe andato tutto male, per Pace e per il Catanzaro. Era uno degli allenatori del momento e dopo aver detto di no alle offerte del Napoli sembrò accettare quelle del Bologna di Fabbretti, appena retrocesso in B, prima di cambiare idea e rispettare il contratto biennale con il Catanzaro. Pace osservò il calciomercato (cessioni di Mauro all’Udinese, di Sabato all’Inter, di Borghi al Torino, di Celestini al Napoli) e si rese conto che il ciclo era finito ancora prima di cominciare. Il 9 gennaio 1983 il Catanzaro perse 5-0 a San Siro contro l’Inter, in una partita in cui a causa della nebbia nessuno vide niente. Il giorno dopo Pace venne esonerato, con panchina affidata a Sasà Leotta. Sarebbe andato avanti ad allenare per quasi vent’anni, Pace, sempre con grande stile come persona ma senza più essere di moda come tecnico. 

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