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Fra tweet e marketing, la marcia di avvicinamento del campione svedese a Russia 2018 è iniziata. Il problema è che sia lui sia il c.t. Andersson pretendono che sia l'altro a fare il primo passo...
La Svezia può fare a meno di Zlatan Ibrahimovic al Mondiale? Domanda nata dopo l’incredibile, con il senno sia di prima sia di poi, qualificazione ottenuta nel playoff contro l’Italia e rilanciata dalle iniziative di marketing del trentasettenne trasversalissimo (senza maglia e senza bandiera, come i veri eroi) campione, l’ultima delle quali ha riguardato un bookmaker che gli ha ispirato un gioco di parole circa la sua presenza in Russia. Una frase (“Le possibilità che io giochi al Mondiale sono tendenti al cielo”) volutamente ambigua, visto che può essere letta come grandi probabilità di esserci ma anche come grande quota per la sua convocazione e quindi bassa probabilità. Ma al di là di questi giochetti, che comunque per Ibra e Raiola fanno girare il tassametro e non di poco, rimangono i discorsi umani e calcistici.
Quelli del primo tipo riguardano l’orgoglio: dopo il ritiro post Euro 2016 ad Ibrahimovic, che considerava con ragione la Svezia una nazionale di serie B e con poche chance di qualificazione in un girone dove c’erano Francia e Olanda, è tornata la voglia del più grande palcoscenico del pianeta per chiudere in bellezza la sua carriera internazionale e poi tirare avanti fino a quando può nei Galaxy, magari poi in Cina. Il punto è che ritiene che, per il suo status e per quello che ha fatto per la nazionale svedese in passato (62 gol in 116 partite, due ottavi di finale mondiali nel 2002 e nel 2006), ritiene che la sua presenza debba essere richiesta. Il commissario svedese Janne Andersson, consapevole del potere mediatico di Ibra, astutamente non gli ha mai chiuso le porte ma ritiene che debba essere il giocatore a fare il primo passo. Insomma, non vediamo ostacoli insormontabili.
Poi c’è l’aspetto sportivo, perché sembra che stiamo parlando dell’Ibra di sempre quando invece l’Ibra di sempre non si è ancora ripreso dall’infortunio al legamento crociato che di fatto ha chiuso la sua storia con il Manchester United. Le poche partite giocate quest’anno in Premier League (da ricordare in particolare il derby di andata con il City) sono state penose prima di bloccarsi di nuovo e di sbarcare nella MLS dove finora ha segnato tre gol in tre partite che abbiamo visto tutti (i gol, non le partite per cui servono stomaci forti) ma che di per se non dicono se l’Ibra attuale sia almeno un parente dell’Ibra di una volta. A suo favore gioca la qualità delle punte della nazionale di Andersson, nei 180 minuti con l’Italia di Ventura capaci di mezzo tiro in porta in totale. Toivonen e Berg hanno cinque anni meno di Ibra ma sembrano più ex di lui, mentre il più giovane ma molto più grezzo Guidetti è solo da qualche settimana che è tornato titolare nell’Alaves. Interessante la stagione di Thelin nel Beveren, il meno peggio fra tutti questi attaccanti fisicati sembra proprio lui. Tornando alla scommessa, Ibra convocato al Mondiale sarebbe da giocare.
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