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L'Atletico Madrid vincendo l'Europa League ha confermato il suo status internazionale e la sua serietà, senza pensare al recente passato in Champions. Una squadra con pochi segreti, ma che nel calcio di alto livello è difficile da imitare...
L’Europa League stravinta dall’Atletico Madrid non è soltanto il sesto trofeo europeo di un club (più l'Intercontinentale del 1974) che non ha complessi di inferiorità rispetto a Real e Barcellona, ma anche la seconda Europa League vinta nel fantastico ciclo, ormai giunto a 8 anni, con Diego Simeone allenatore:. La prima proprio alla prima stagione, in finale sull’Athletic Bilbao di Bielsa: era già una squadra dalla difesa granitica (c’era anche l’attuale interista Miranda), dove in porta un giovane Courtois faceva miracoli, con il classico centrocampo blindato e in attacco Falcao e Adrian Lopez. Ieri a Lione di quella squadra c’erano in campo soltanto Godin e Gabi, ma l’identità e il messaggio che arrivavano al pubblico erano gli stessi.
Al di là di una finale che il Marsiglia aveva ben iniziato, suicidandosi con la leggerezza di Mandanda e Anguissa che ha mandato in porta Griezmann, la prima considerazione da fare su questo successo dell’Atletico è che non ha snobbato l’Europa League nonostante da almeno cinque stagioni sia nell’elite della Champions: finalista nel 2013-14 (sconfitto dal Real ai supplementari), ai quarti l’anno seguente (sconfitto di misura dal Real nel doppio confronto), finalista a San Siro nel 2015-16 (sconfitto ai rigori dal solito Real), semifinalista la scorsa stagione (battuto, ovviamente dal Real) e in questa terzo nel girone di Chelsea e Roma. Risultati alla mano, stiamo parlando di una squadra che nella storia europea recente ha fatto meglio di Bayern, PSG, di tutte le pompatissime inglesi, e che ha perso le sue due finali in modo ben diverso rispetto alla Juventus. Insomma, c’erano tutte le premesse per mollare mentalmente, come avrebbero fatto (e hanno fatto, Napoli in testa) squadre italiane e di altri paesi, ma Simeone ha saputo fare la cosa che gli viene meglio: tenere alta la tensione e la concentrazione, fidarsi del proprio onestissimo 4-4-2 e portarsi a casa un trofeo che vale tantissimo. Almeno quanto i tradizionali terzi posti nella Liga, con in mezzo la gemma del titolo di quattro anni fa.
Dove vogliamo arrivare? A dire che è sbagliata la narrazione dell’Atletico squadra operaia perché nelle ultime stagioni gli acquisti pesantissimi (si pensi solo al ritorno di Diego Costa per più di 60 milioni di euro), giusti o sbagliati (in questa categoria metteremmo Jackson Martinez, Gameiro e il recente Vitolo) che fossero, non sono mancati, ma è sicuramente vero che all’Atletico i top player, quelli da Pallone d’Oro, non ci vanno o non ci rimangono. Un allenatore serio e indiscutibile, pur non avendo inventato niente, una squadra che cambia relativamente poco da un anno all’altro, uno stadio nuovo e un pubblico sempre carico e che si identifica con chi va in campo: sembra semplice, ma nessuno a parità di soldi riesce a fare meglio dell'Atletico.
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