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Manchester City v Newcastle United - Premier League

MANCHESTER, ENGLAND - SEPTEMBER 01:  Kyle Walker of Manchester City celebrates after scoring his team's second goal with his team mates during the Premier League match between Manchester City and Newcastle United at Etihad Stadium on September 1, 2018 in Manchester, United Kingdom.  (Photo by Alex Livesey/Getty Images)© Getty Images

La svolta del Manchester City

In dieci anni di spese quasi senza limiti da parte della proprietà di Abu Dhabi il club ha sestuplicato il suo fatturato ed è diventato il secondo inglese come cilindrata, dietro soltanto allo United...

14 settembre 2018

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Il Manchester City è diventato il secondo club inglese per fatturato, avendo annunciato di avere superato il confine dei 500 milioni di sterline annui, cioè circa 560 milioni di euro. Un risultato che arriva a dieci anni dalla grande svolta nella storia del City, cioè l’arrivo della proprietà e dei soldi da Abu Dhabi, quelli che negli anni Settanta venivano definiti petrodollari. All’epoca quella che tuttora viene percepita come la seconda squadra di Manchester, nonostante sia campione d’Inghilterra e senz’altro più favorita per la Champions League di quanto lo sia lo United, era il settimo club della Premier League per incassi, dietro a United, Chelsea, Arsenal, Liverpool, Tottenham e Newcastle, con l’equivalente di 90 milioni di euro a stagione: in altre parole la sua cilindrata era un sesto di quella attuale, senza entrare in discorsi sportivi che ovviamente premiano il City di Mancini, Pellegrini e Guardiola.

Interessante è anche che questo gigantismo produca profitti, la scorsa stagione l’ha fatto per la quarta volta di fila (sia pure per relative briciole) e che in definitiva, qui volevamo arrivare, tutto sia stato attivato non da una congiunzione astrale né tantomeno dal fair play finanziario UEFA (che esiste dal 2011) ma dal fatto che per quattro o cinque anni i nuovi proprietari abbiano pompato nel City soldi praticamente illimitati cambiandone sia il valore tecnico che lo status politico e commerciale. Da Robinho, primo acquisto dell’attuale gestione, in avanti è stato tutto un susseguirsi di arrivi che letti tutti insieme danno l’idea delle risorse ma non del progetto tecnico: Kompany, Wright-Phillips, Zabaleta, Given, Bridge, Bellamy, De Jong, Barry, Santa Cruz, Tevez, Adebayor, Kolo Touré, Lescott, Jerome Boateng, Yaya Touré, Balotelli, David Silva, Kolarov, Dzeko, Milner, Clichy, Aguero, Savic, Nasri, Fernandinho, Jovetic, Sterling, Otamendi, De Bruyne, Gundogan, Sané, Gabriel Jesus, Stones, Bernardo Silva, Ederson, Walker, Danilo, Mendy, Laporte fino ad arrivare ai 70 milioni spesi per Mahrez e citando soltanto giocatori almeno decenti, non i tanti scarsi strapagati che sono passati da Maine Road negli ultimi anni.

Tanti errori, tante cose giuste, ma alla fine chi mette i soldi riesce a cambiare la sua storia. E adesso nel mondo incassano più soldi soltanto United, Bayern e le due grandi di Spagna, messi tutti già nel mirino essendo il City più deciso dei concorrenti nel suo piano di colonizzazione: della galassia calcistica dello sciuecco Mansour fanno parte anche il New York City, gli Yokohama Marinos, il Girona e il Melbourne City. Certo il Manchester City ha una sua buona storia anche prima dell'arrivo dei soldi arabi, ma nel 1998 era in Second Division (Serie C) e per trovare un massimo campionato vinto bisogna tornare indietro fino al 1968. Come se nel 2008 Abu Dhabi avesse scelto la Fiorentina.

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