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Monaco, Thierry Henry si presenta come nuovo allenatore

Monaco AS vice president Vadim Vasilyev (L) and Thierry Henry, new coach of the football club of Monaco, pose as part of a press conference in Monaco, on October 17, 2018. (Photo by Valery HACHE / AFP)© AFPS

L'inizio morbido di Thierry Henry

L'ex campione francese inizia la sua vera carriera da allenatore nel Monaco che 24 anni fa lo lanciò come giocatore, ai tempi di Wenger. Le ambizioni e i modelli sono gli stessi di allora, sperando di percorrere la stessa strada di altri campioni del mondo del 1998...

18 ottobre 2018

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La Francia campione del mondo 1998 non ha generato tanti allenatori, in proporzione ad altre squadre che hanno fatto la storia del calcio, ma quei pochi sono decisamente buoni: Laurent Blanc, Zinedine Zidane, Didier Deschamps. E dopo il discreto inizio anche di Patrick Vieira non stupisce quindi che Thierry Henry abbia avuto presto una grande panchina, come quella del Monaco, dopo un apprendistato abbastanza breve come assistente di Roberto Martinez nel Belgio.

L’ex attaccante francese, che in quel Mondiale casalingo giocò in tutte le partite (compreso il quarto con gli azzurri di Cesare Maldini) tranne la finale con il Brasile, sostituisce l’esonerato Jardim e ha firmato un contratto fino al 2021: esordirà così da capo allenatore nella stessa squadra in cui ha esordito nel calcio professionistico come giocatore, il 31 agosto 1994, a soli 17 anni, buttato nella mischia da un Arsene Wenger al quale è sempre rimasto legatissimo e con il quale avrebbe fatto grandi cose negli otto anni all’Arsenal, anche se Henry il titolo francese con il Monaco lo ha vinto quando allenava Tigana ed in attacco insieme a lui c’erano Sonny Anderson e Ikpeba (in panchina un certo David Trezeguet).

Ma al di là del passato, come sarà l’Henry allenatore? Nessuno ovviamente lo sa, visto che le sue idee si conoscono soltanto per quanto ha espresso come opinionista. A parole si ispirerà a Wenger e Guardiola, come ha ripetuto più volte, in contrasto con l’ideologia di calcio verticale, con pochi passaggi, che ha portato la Francia di Deschamps alla vittoria nell’ultimo Mondiale. Wenger e Guardiola, a dirla tutta, non sembrano nemmeno i modelli del Belgio di Roberto Martinez, con Henry nello staff come una sorta di motivatore e allenatore dell’attacco in stile football americano, ma è chiaro che un uomo ambizioso come lui voglia stupire fin da subito ed è anche per questo che Henry ha rifiutato tante panchine discrete (il Bordeaux, per dirne una) in attesa di qualcosa che ritenesse adeguato al proprio rango.

La sua squadra ideale è schierata con il 4-4-2 dell’Arsenal 2003-2004, in ogni caso l’ultimo Monaco di Jardim non aveva un’identità tattica definita e quindi per certi versi Henry trova la situazione ideale per cominciare: un ambiente tranquillo e che lo considera una divinità, un campionato che nessuno gli chiede di vincere, una rosa di buona qualità rapportata alla Ligue 1 (Falcao, Golovin, Glik, Sidibé, Tielemans, Jovetic e il pattuglione degli italiani, sperando che Pellegri si metta a posto fisicamente), un carisma mediatico che per qualche mese lo terrà lontano da qualsiasi tipo di critica. Fallire sarà difficile. Raggiungere Zidane e Deschamps anche.

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