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US Sassuolo v Genoa CFC - Serie A

REGGIO NELL'EMILIA, ITALY - SEPTEMBER 02:  President of Genoa CFC Enrico Preziosi attends the serie A match between US Sassuolo and Genoa CFC at Mapei Stadium - Citta' del Tricolore on September 2, 2018 in Reggio nell'Emilia, Italy.  (Photo by Pier Marco Tacca/Getty Images)© Getty Images

Lo scudetto di Bologna e Genoa, ma anche Roma

Preziosi chiede l'assegnazione del titolo del 1925, quello vinto dal Bologna dopo cinque partite nella finale di Lega Nord, così a quasi un secolo di distanza si torna a discutere del gol-non gol di Muzzioli. E in caso di revisione potrebbe scendere in campo anche Pallotta...

1 novembre 2018

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Chi ha vinto il campionato di calcio di serie A 1924-25? Domanda ancora attuale, al di là del fatto che la serie A non fosse ancora nata (si chiamava Prima Divisione) e che l’albo d’oro da quasi un secolo dica che quel titolo è del Bologna. Comunque il presidente del Genoa Enrico Preziosi ha voluto inserirsi in un filone praticamente inesauribile, quello delle rivendicazioni postume, chiedendo alla FIGC di riconsiderare quelle antiche vicende e di assegnare a tavolino quello scudetto al Genoa, che così potrebbe fregiarsi della stella che rappresenta i dieci campionati vinti. Reazione dell’amministratore delegato del Bologna Fenucci e palla adesso alla FIGC. La certezza è che non sono negli ultimi anni emersi elementi nuovi riguardo a quell’incredibile finale di stagione. Né sarebbero potuti emergere, visto che tutti i testimoni oculari sono morti.

Questi i fatti riguardanti quella che poi non era una finale scudetto, ma la finale della Lega Nord, la cui vincitrice avrebbe poi dovuto giocare la finale nazionale contro la vincitrice della Lega Sud, che quell’anno fu l’Alba Roma, cioè una delle società che due anni dopo avrebbe contribuito a formare la Roma che conosciamo oggi. Va detto che il divario economico e tecnico fra le due leghe era notevolissimo e che quindi spesso la finale nazionale era una formalità. Spesso ma non sempre, visto che l’anno prima il Genoa aveva dovuto faticare per vincere il suo nono scudetto dopo avere piegato il Savoia. La Lega Nord era a sua volta divisa in due gironi e alla finale si qualificarono le due vincitrici, appunto Genoa e Bologna.

Partita di andata a Bologna, allo Sterlino (il campo della squadra fino al 1927, quando fu inaugurato il Littoriale che poi sarebbe stato intitolato a Dall’Ara), il 24 maggio, con vittoria per 2-1 di un Genoa che tutti i giornali davano per strafavorito. Il ritorno sembra facile per la squadra di De Vecchi, ma invece il Bologna trascinato da un Angelo Schiavio ventenne ribaltò il risultato: 2-1 e necessità di uno spareggio, che la FIGC stabilì venisse disputato a Milano.

Il campo era quello del Milan, in viale Lombardia, con il presidente rossonero Piero Pirelli che già stava progettando San Siro. Uno stadio discreto, da 20.000 spettatori, ma comunque insufficiente a gestire la massa di persone che arrivò da Genova e Bologna. Con l’aggravante di avere una pista di atletica senza barriere, così che gli spettatori in sovrannumero poterono stare di fatto a bordo campo creando un clima di intimidazione per tutti, a partire dall’arbitro Giovanni Mauro. Il Genoa andò sul due a zero e stava gestendo la partita quando a mezz’ora dalla fine il Bologna con Giuseppe Muzzioli segnò uno dei più famosi gol-non gol della nostra storia, visto che Mauro aveva sulle prime giudicato in calcio d’angolo la palla parata (con la testa, come lui avrebbe ricordato) dal portiere genoano De Prà ma poi aveva cambiato idea notando che era finita in rete.

Versione di De Prà: ce l’avevano messa tifosi bolognesi dietro la porta, sfruttando un buco. Versione del Bologna: gol. Versione di Mauro in campo, data ai giocatori genoani: era calcio d’angolo, ma gol convalidato per motivi di ordine pubblico. Versione di Mauro nei giorni successivi: gol valido. La facciamo breve: la materia del contendere è che il resto della partita si sia giocato o no pro forma, come ritengono molti genoani di ieri e di oggi. Fatto sta che poi il Bologna pareggiò con un gol senza discussioni e sfiorò anche la vittoria. A quel punto si sarebbero dovuti disputare i supplementari, ma il Genoa ritenendo di avere diritto alla vittoria a tavolino si rifiutò di giocare.

Valanga di ricorsi, con la Lega Nord che non ne accolse alcuno e decise di far ripetere lo spareggio. Arriviamo così al 5 luglio, a Torino sul campo della Juventus (all’epoca lo stadio di corso Marsiglia). L’idea di giocare a porte chiuse venne accantonata, ma qualche misura di sicurezza in più rispetto a Milano fu presa. Altro pareggio, questa volta 1-1, ma nonostante la quantità di Polizia e Carabinieri ci furono disordini fuori dallo stadio e alla stazione, con diversi tifosi genoani feriti. A questo punto il governo fascista non poteva tollerare che l’ordine pubblico fosse messo in discussione e decise di usare la mano dura minacciando di squalificare il Bologna, nonostante fosse la squadra del cuore del gerarca e dirigente federale Leandro Arpinati (che sarebbe diventato presidente della FIGC e del CONI), se non gli avesse consegnato i colpevoli degli scontri. Stiamo parlando di tifoserie organizzate nel 1925… Alla fine per il quieto vivere cancellazione totale di multe, squalifiche, minacce e controminacce.

Il terzo spareggio venne assegnato di nuovo a Milano, al campo Vigentino, ma senza annunciarlo pubblicamente, il 9 di agosto. Alle 7 del mattino, tanto per andare sul sicuro come mancanza di pubblico… Secondo i genoani il Bologna aveva saputo molto prima di loro la data dello spareggio e quindi si era potuto allenare meglio e la loro versione è credibile perché molti giocatori del Genoa fino a pochi giorni prima della quinta partita erano in vacanza o al lavoro. Ma in ogni caso il campo diede ragione e scudetto (anzi, finale scudetto da disputarsi con l'Alba Roma) al Bologna, con un 2-0 tutt’altro che facile e una partita conclusa in 9 a causa di due espulsioni.

Anche a quasi un secolo di distanza è evidente che se Mauro avesse dopo la fine del primo spareggio confermato la versione dei genoani non ci sarebbero state più discussioni. Ma l’arbitro non lo fece e solo perché è morto non si può dire che fosse in malafede: fra l’altro fu uno dei pochi dirigenti sportivi dell’epoca a non essere legato al fascismo, né a livello formale né ideologico, tanto è vero che negli anni Trenta la sua carriera (era stato anche presidente federale) fu stoppata dal regime. Quanto ad Arpinati, più volte descritto come artefice dei successi del Bologna, due anni dopo da presidente federale si sarebbe rifiutato di assegnare lo scudetto al Bologna, secondo nella classifica del girone finale, dopo la squalifica del Torino campione. Conclusione? Se l'obbiettivo è creare discussione, dopo avere tolto (ma su quale base?) lo scudetto 1924-25 al Bologna bisognerebbe far disputare una finale fra Genoa e Roma, legittima erede dell'Alba.

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